Scuola Psicoterapia: Psicoterapia Funzionale.

Scuola di formazione in Psicoterapia – Città del Mexico, 1996.

Luciano Rispoli descrive il Sé secondo la concezione della Psicoterapia Funzionale: un Sé non solo mentale, ma anche corporeo, in una concezione integrata della personalità umana.


La descrizione di un Sé corporeo, o meglio di un Sé funzionale, risponde alla necessità di penetrare più a fondo il funzionamento bio-psichico dell’essere umano, e di operare in fretta ed efficacemente affinché stress, degradazione ambientale, ansia ed angoscia, sempre più diffusi, non arrivino ad una pericolosa soglia di non ritorno. Quello che oggi appare chiaro nel mondo scientifico e la necessità di un approccio al contempo globale e approfondito, ma non più frammentato e segmentato; un approccio che riconosca la inscindibile unitarietà della persona, le profonde interrelazioni che connettono i suoi piani di funzionamento. Solo così ci si può accostare sempre di più alle radici intime delle alterazioni vitali, in particolare di quelle forme degenerative che costituiscono il fantasma angoscioso della nostra epoca, con le sue punte più allarmanti e inquietanti quali il cancro, l’AIDS, lo stress. Le ricerche svolte negli ultimi 15 anni in questa direzione dalla Società Italiana di Terapia Funzionale e dal Centro Studi W. Reich, presieduti dal dott. Luciano Rispoli, hanno potuto mettere a punto un metodo completamente nuovo che permette di intervenire sulle interazioni tra la mente e il corpo, o meglio sui vari processi funzionali dell’uomo: l’area delle emozioni; il piano della struttura morfologica del corpo, della postura, dei movimenti; quello degli apparati fisiologici interni all’organismo; il piano del razionale, del simbolico, dell’ideativo. E’ possibile così comprendere l’insorgere di alterazioni in questi nuclei profondi del Sé originariamente interconnessi e unitari, e il perché le disfunzioni prendano una strada o l’altra: quella delle somatizzazioni classiche, delle malattie degenerative, dei disturbi psichici o di quelli organici. Finora, nel campo delle psicoterapie, ci si limitava ad agire sull’una o sull’altra sfera funzionale: o le emozioni, o gli schemi cognitivi, o i modelli comportamentali, o le pulsioni inconsce. Si trascuravano le conseguenze e gli effetti che ‘un piano ha sull’altro.

Il modello funzionale, questa teoria del Sé con i suoi vari processi interattivi, permette invece di capire come ciascun processo si sia alterato, ipotrofizzandosi, scindendosi o sclerotizzandosi, cioè limitando la gamma di strategie, risposte, capacità.  E questo su tutte le aree funzionali: quella delle idee, o delle posture; quella delle emozioni, come dei movimenti e delle fantasie, sino ai complessi meccanismi degli apparati fisiologici interni, dei delicati funzionamenti microcellulari, chimici ed elettrici. Non è certo raro vedere persone che hanno in un senso o nell’altro una mobilità limitata: emozioni ripetitive, movimenti stereotipati, soglie percettive o tono muscolare alterati, fissità di idee, povertà creative e ideative, e così via.  Ora la teoria funzionale ci permette di capire che non è possibile agire solo su uno dei piani funzionali, perché gli altri, non modificati, pian piano retroagiscono, riportando alle condizioni di malattia e di disturbo precedenti. La “scoperta” semplice e sensazionale, ma complessa al contempo, consiste nel trovare le modalità di riportare il più possibile l’organismo alle condizioni di integrazione originarie, rimettendo in moto processi, connessioni, funzionamenti che sono alla base del guarire o dell’ammalarsi. Si aprono così prospettive che sicuramente potranno andare molto al di là dei pur strabilianti risultati che già oggi si possono ottenere con questa nuova modalità della terapia funzionale. Oggi, ritrovando nuclei profondi di integrazione ancora esistente tra i vari processi funzionali, riconnettendo le scissioni a asconda delle esigenze di ognuno, siamo in grado di risolvere in tempi molto brèvi numerosi disturbi. Tachicardie ed angosce cardiache hanno oramai facili soluzioni; lo stesso dicasi per le cefalee, le riniti, le insonnie, l’asma o le malattie dell’apparato digerente.  In una seduta è possibile abbassare la temperatura febbrile di 3-4 centigradi ed il battito, ad esempio, da 90-95 a 60-65 pulsazioni al minuto. Ma in una quarantina di sedute, mediamente, si possono risolvere anche disturbi tipicamente psichici, quali l’ansia, l’angoscia, la depressione, le fobie, le ossessioni, ecc.

Le tecniche, completamente innovative, permettono di intervenire non a casaccio, ma con precisione quasi millimetrica sulle funzioni alterate, riconnettendo quelle scisse, ampliando quelle atrofizzate, mobilizzando quelle sclerotizzate. Si tratta di unire all’intervento verbale, cognitivo, azioni terapeutiche contemporanee sul piano delle percezioni (tattile, visiva, uditiva) o muscolare (movimenti, massaggio) o fisiologico (modificazioni del neurovegetativo, respirazione, ecc.). Si tratta di andare rapidamente in zone profonde, di realizzare cioè una regressione ottenuta agendo su più piani funzionali. Ma il modello funzionale presenta prospettive e potenzialità ancora più vaste. Esso infatti è in grado di realizzare analisi dei processi funzionali, degli squilibri, delle alterazioni, delle scissioni anche in altri ambiti, per altri “organismi”: e cioè nei gruppi, nelle istituzioni, e persino nel tessuto sociale e nel territorio, coesi come una sperimentazione appena iniziata sta mostrando. Inoltre questo metodo permette di affrontare in un quadro globale accadimenti fondamentali della vita umana: sviluppo, apprendimento, creatività, potenzialità espressive. Sperimentazioni in tal senso si stanno realizzando sulla gravidanza e sulla nascita da un lato, e sullo sviluppo evolutivo e l’apprendimento dall’altro. Certo molto si deve ancora fare, e sono necessarie ricerche, sperimentazioni e fondi per realizzarle: ma i risultati sinora ottenuti sono molto più che incoraggianti.