Relazione psiologica: Comunicazione profonda e riarmonizzazioni del Sé.

Convegno Napoli, maggio 1998. Convegno.

La comunicazione duale o gruppale è caratterizzata da una continua interazione tra le parti che sono in comunicazione. Vi è un intervento dell’uno sull’altro e viceversa, uno scambio che non si limita ai soli momenti in cui uno sta parlando, ma che è in atto durante tutto il tempo: sia quello dell’ascolto che dell’intervento.


AZIONE COMUNICATIVA, INTERAZIONISMO SIMBOLICO, INNOVAZIONE

Modalità di comunicazione

Non vi è dubbio che sia molto importante distinguere i vari tipi di comunicazione che si possono realizzare tra differenti soggetti all’interno di un determinato contesto sociale, e in particolare nella società odierna. Possiamo a tal proposito distinguere tra:

– Informazione strettamente intesa

– Comunicazione a due o a gruppo

– Comunicazione di massa

– Comunicazione profonda.

L’informazione è una comunicazione che non prevede “ritorni” operati da parte di chi la riceve, e non prevede un vero processo di interazione tra i soggetti. E’ comunemente ritenuta, a torto, obiettiva e razionale, perché fondamentalmente legata ai contenuti, al racconto di fatti e di eventi ben determinati. Tutt’al più si arriva a pensare che possa essere manipolata nel senso di non riportare la storia nella sua completezza ma solo aspetti parziali (che comunque distorcono in questo modo la verità). A questo tema appartiene il grande capitolo, delicato e controverso, dell’informazione giornalistica e televisiva.

I problemi sono molti e complessi e non si possono liquidare affermando semplicisticamente che spesso da noi l’informazione non è obiettiva perché di parte, cioè realizzata da persone che abbracciano una ben precisa tendenza politica o sociale; e che in altri paesi invece il giornalismo è davvero “professionale” perché racconta solo e soltanto i fatti. Ciò che si comunica infatti, in tutti i casi, è un insieme di elementi che non sono mai solo cognitivi, ma che si riferiscono a tutti i piani attraverso i quali si dispiega la relazione tra le persone. Non si comunicano solo eventi ma anche valori, idee, opinioni, e non solo: si comunicano sempre anche elementi simbolici da una parte, e sentimenti, emozioni, vissuti, atmosfere, dall’altra. La comunicazione interessa sempre tutti i “canali” relazionali, perché non vi può essere separazione tra i vari aspetti del Sé quando ci si mette in relazione con un altro o molteplici altri Sé.

La comunicazione duale o gruppale, invece, è caratterizzata da una continua interazione tra le parti che sono in comunicazione. Vi è un intervento dell’uno sull’altro e viceversa, uno scambio che non si limita ai soli momenti in cui uno sta parlando, ma che è in atto durante tutto il tempo: sia quello dell’ascolto che dell’intervento. Naturalmente, questo non vuol dire che le persone si ascoltino veramente, o che l’interazione sia intensa e profonda. A questo proposito si devono tenere presenti comunque tutte le interferenze tipiche di una comunicazione di questo tipo: le distorsioni dovute a chi trasmette e quelle di chi riceve. Anche nell’informazione queste alterazioni giocano un ruolo fondamentale; solo che mentre lì si presentano in senso unidirezionale, nella comunicazione interattiva il feedback è reciproco, costante e continuo, ed è condizionato dalle caratteristiche del Sé dei due interlocutori.

La comunicazione di massa ha caratteristiche molto simili a quelle dell’informazione, nel senso che è sostanzialmente unidirezionale. Ma la distinguono due elementi ulteriori e specifici. Innanzitutto la comunicazione di massa non ha pretese di dare solo notizie, di informare, ma gioca più apertamente anche su altri livelli. Anzi ricerca accuratamente il coinvolgimento emotivo del pubblico, cerca di divertirlo, di stupirlo, di commuoverlo, di indignarlo. E tutto questo spesso al di là del rispetto della verità, della privacy, della correttezza, della dignità, degli interessi e dei bisogni reali dell’utenza.

Il secondo elemento consiste in una sorta di falsa circolarità della comunicazione, basata su una certa condivisione della massa su quanto viene comunicato, una falsa partecipazione. In realtà dietro questo elemento vi è l’effetto di “omologazione” che la comunicazione di massa stessa comporta: il fatto, cioè, che il consenso viene creato dagli stessi mezzi di comunicazione più che essere preesistente nella gente come elemento significativo. In ogni caso questo tipo di comunicazione ha le caratteristiche di entrare nelle case della gente, di superare barriere linguistiche e culturali, di creare entusiasmi collettivi. Ciononostante non possiede quelle qualità che sono proprie della comunicazione profonda.

La comunicazione profonda è, infatti, capace di toccare tutti i piani del Sé di entrambi gli interlocutori, quelli verbali e quelli non verbali, le emozioni come la razionalità, il capire come il sentire. E’ inoltre una comunicazione “pluridirezionale”, che non si limita a qualche feedback da parte del ricevente, ma che da quest’ultimo è sostenuta al pari del trasmittente, con un coinvolgimento pieno e intenso. Perciò possiamo parlare di una comunicazione che “riempie lo spazio”, di una comunicazione “aperta”, di una comunicazione che non presenta stridenti incongruenze tra i vari canali attraverso cui si realizza. E’ proprio la comunicazione profonda, allora, che costituisce l’elemento su cui si fonda lo sviluppo armonico dell’essere umano. La comunicazione madre-bambino (una comunicazione classicamente di tipo “fondante”) quando è sana è senz’altro una comunicazione di questo tipo. Il fatto che coinvolge tutti i piani del Sé ci fa comprendere come mai questa comunicazione vada al di là del contenuto delle parole: è fatta anche di vibrazioni, di sensazioni, di empatia. L’altro viene “interiorizzato” più che essere uno schermo ricevente: la circolarità è veramente realizzata. La caratteristica preminente di questa comunicazione è quello che si definisce contatto, una esperienza di base fondamentale per la vita degli esseri umani. Il contatto è stare vicino all’altro, capirlo nei bisogni profondi, essere per certi versi al suo posto, sentirlo.

Le modificazioni in atto

Una ricerca che stiamo conducendo attraverso il lavoro diretto e indiretto con bambini e adolescenti, nonché attraverso attività svolte con insegnanti e contatti con genitori, mostra che ci sono cambiamenti significativi in atto nelle nuove generazioni. Del resto era logico aspettarsi che su di queste le condizioni sociali al contorno, così profondamente mutate, avessero un’influenza abbastanza profonda sul modo di percepire, di muoversi e persino di pensare. Un uso così massiccio del visuale, una diffusione sempre più capillare del computer, una presenza incombente di videogiochi, sin da quando si è piccoli, hanno sviluppato capacità, modalità di attenzione, sensibilità diverse da quelle delle generazioni passate. Nessuna di queste caratteristiche è da considerarsi negativa nella vita di bambini e adolescenti, perché i new media hanno svolto e svolgeranno senza dubbio un compito fondamentale nello sviluppo delle qualità umane. Solo, bisogna avere un’attenzione serena e intelligente alle possibili disarmonie che si possono generare se altri aspetti della vita dell’infanzia venissero ad essere trascurati e piano piano finissero per risultare eccessivamente carenti se non atrofizzati.

La ricerca in effetti ha messo in luce proprio qualcosa di simile, e cioè che a fronte di modalità di percezioni più rapide, di attenzione ai particolari e ai dettagli, di capacità di movimenti piccoli, veloci e precisi, di un notevole sviluppo della creatività e dell’immaginazione, di una forte velocità di comunicazione, di una consapevolezza di quanto avviene in ogni parte del mondo, si avvertono diminuzioni di caratteristiche altrettanto importanti per un sano sviluppo della vita umana. Si è notato infatti che stanno diminuendo i movimenti lenti; i movimenti ampi e portati sino in fondo, sino alla piena soddisfazione; il contatto con le sensazioni corporee; il contatto profondo con gli altri; la visione globale, d’insieme; la capacità di rallentare, di fermarsi, di stare, di effettuare pause; la capacità di abbandonarsi. Si stanno perdendo anche le capacità di avvertire le sensazioni leggere e delicate e si va sempre di più alla ricerca di qualcosa di forte e di stravolgente. Sta diventando difficile gioire dei piccoli piaceri e al contempo diminuiscono notevolmente i limiti di elasticità e di tolleranza alle cose che non sono esattamente come si desiderano.

Ciò vuol dire che, di contro, stanno aumentando in modo eccessivo e pericoloso il controllo esasperato; la concentrazione di tipo “duro”; i movimenti piccoli, a scatti, agitati; la velocità, l’ansia, l’agitazione; la durezza; la visione parziale. E insieme a tutto questo una intolleranza di fondo, un’aggressività e una violenza striscianti e distruttive. Per contro, in un’analisi che chi scrive ha effettuato sulle differenti modalità di narrare storie ai bambini, è emerso che ogni modalità sviluppa caratteristiche psichiche e corporee differenti, tutte assolutamente indispensabili per una crescita serena e armonica. E dunque non bisognerebbe mai che, tra la favola raccontata dall’adulto, il libro letto, il filmato televisivo, la narrazione del videogioco, la storia messa in scena con il movimento, qualcuna di queste modalità prendesse esasperatamente il sopravvento sulle altre. Altrimenti si finirebbe per privilegiare solo alcune delle funzioni del Sé e sacrificarne altre egualmente importanti per un pieno sviluppo della persona.

Le “polarità”

E’ importante dunque analizzare e conoscere in modo molto approfondito le caratteristiche dei differenti mezzi di comunicazione, e il loro impatto sull’organizzazione del Sé delle nuove generazioni. Questo permetterebbe, almeno una volta nel cammino del progresso tecnologico dell’umanità, di agire in modo pienamente consapevole e responsabile, di governare i processi (messi in atto comunque da noi esseri umani) piuttosto che subirli, di prevenire distorsioni e patologie. Una modalità di funzionamento che caratterizza la pienezza della vita è quella della “polarità” e della modulazione: dei fenomeni e delle espressioni umane. La vita non funziona in modo piatto e costante ma è caratterizzata da un andamento modulare, “sinusoidale”, che la porta da un estremo all’altro dei “continuum” entro cui essa si svolge. La vita è fatta di velocità ma anche di lentezza e di pause profonde, deve toccare pienamente la concentrazione ma anche una completa capacità di lasciare andare, deve essere forza ma anche fragilità. I bambini si appassionano al nuovo solo se è stato pienamente soddisfatto il loro bisogno di essere circondati dal noto, e ritornano con grande gioia alle cose familiari quanto più si sono tuffati alla scoperta del mondo sconosciuto. Internet offre la possibilità di un incontro “virtuale” con centinaia, migliaia di persone; offre possibilità di scambi, di dialoghi, di conoscenze. Ma la vita, accanto a tutto questo, esige la pienezza dell’altro estremo, dell’altro polo: quello dell’incontro reale con l’altro, un incontro in carne ed ossa, un incontro fatto di sensazioni tattili, di vibrazioni, di odori, di calore. Essere in molti posti diversi attraverso Internet ci arricchisce moltiplicandoci le possibilità di conoscenza, ma poi abbiamo pur sempre bisogno di sentire che siamo in un solo luogo, ben radicati, in contatto con ciò che il luogo rappresenta, in termine di persone, di usanze, di costumi, di linguaggio.

Le nuove tecnologie

I nuovi modi di comunicare sono caratterizzati da un elevato potere di penetrazione e di diffusione. Ma proprio per questo non possiamo ignorare i rischi che un così elevato potere porta con sé. Oltre a una carenza della pienezza della comunicazione concreta, oltre al rischio di una comunicazione non profonda (nel senso in cui ne parlavamo all’inizio), le nuove tecnologie presentano anche il pericolo di “filtri” non facilmente controllabili, che finiscono per manipolare in una direzione voluta la comunicazione, e per alterare ancora maggiormente (ma in modo strisciante e occulto) il Sé del ricevente. Riflettiamo ad esempio sul fatto che ogni messaggio si configura non solo per il contenuto ma principalmente per la modalità con cui viene trasmesso, modalità che è molto meno controllabile del contenuto e finisce per agire a livello subliminale. Pensiamo alla “velocità” che caratterizza sempre più il ritmo di film, trasmissioni televisive, e persino di cartoni animati (rispetto ai ritmi utilizzati fino a qualche anno fa). Pensiamo all’uso massiccio di effetti speciali con cui si creano mostri o situazioni mostruose. Pensiamo alla frequenza con cui i nostri bambini sono bombardati da catastrofi, tragedie, immagini deflagranti, luci accecanti, musiche esplosive. Pensiamo agli effetti dello “zapping” che spersonalizza ogni trasmissione privandola di un proprio andamento, di una storia compiuta; puntando sempre più solo su flash di un volto, di un personaggio, di una uccisione, di un colore, di una scena paurosa, di un effetto speciale, di un suono straripante.

La non presenza (dell’altro in carne e ossa), tipica delle nuove tecnologie, permette sì di raggiungere vette inesplorate di creatività fantastica, ma al contempo allontana dal mondo reale delle percezioni e della corporeità, elementi fondanti della relazione.

Metodologie di riequilibrio

Devono essere allora le stesse caratteristiche dei nuovi mezzi di comunicazione a trovare strade diverse e rivelare pienamente una loro vera fecondità. I nuovi media devono diventare nuovi modi di contatto piuttosto che causa di frammentazione, alienazione e alterazione del Sé. Per questo è necessario progettare delle metodologie specifiche che affianchino la diffusione dei nuovi media in tutte i luoghi e le agenzie dove si realizza la trasmissione del sapere, della cultura, della conoscenza. Si possono pensare metodologie che riprendano e sviluppino pienamente le polarità, e che siano di reale aiuto per raggiungere delle comunicazioni veramente profonde. Sono le stesse enormi potenzialità dei new media che possono e devono venire utilizzate: sia nei contenuti che nelle modalità. Si tratta di progettare metodi che permettano di recuperare in pieno i movimenti lenti e ampi, il contatto profondo, il lasciare, la calma, la tenerezza, le piccole sensazioni, le sensazioni vitali. Si tratta di sviluppare la comunicazione profonda e completa, con l’altro, che non è solo un oggetto di mezzi di “persuasione” ma un interlocutore in carne ed ossa, da rispettare e coinvolgere in una relazione completa e complessiva. Sono già stati approntati dei progetti che prevedono una formazione di operatori specifici che si attivino in questa direzione, operatori che sono stati definiti da chi scrive “operatori psico-tecnologici”. Basta avere coscienza di quanto possiamo fare in termini di prevenzione reale e continuare per questa strada.

Ogni nuovo progresso dell’umanità non può essere limitato al solo campo della tecnologia e della scienza, ma deve coinvolgere tutti i settori della conoscenza e della vita. Ogni nuovo passo deve essere guidato da un impegno che sia scientifico, tecnologico, ma al contempo anche artistico, sociale, etico, giuridico, umano. Non si dovrebbe mai perdere questa direttrice se si vuole che lo sviluppo non sia solo apparente, ma sia reale, a misura d’uomo e concretamente operante nell’ambito del benessere e della gioia di vivere.