Luciano Rispoli, 1986.
Rispoli, psicologo e psicoterapeuta, presenta il caso di Nora, una donna con una sintomatologia presente fin dall’infanzia e una storia familiare complessa che verrà affrontata in terapia, all’interno della relazione psicologica con lo psicoterapeuta.
Nora è una donna dì 40 anni, senza grossi problemi all’apparenza, ma con una sìntomatologìa che rivela sin dall’ età infantile l’accumularsi di tensìoni e conflittì molto ben coperti. Soffriva dì bronchiti, tracheitì e sinusiti spesso. Dai 15 annì in poì ha dovuto affrontare le paure di angosce cardiache, di extrasistoli e tachìcardie. Soffre di allergie. Ha delle vere e proprie paure claustrofobi. Ciò che può descrivere la sua struttura caratteriale è il suo parlare, colto e apparentemente dìsinvolto. ma in realtà un po’ farfugliato, a bocca chiusa, punteggiato da un inghiottire frequente. Il suo parlare è un forte controllo sull’ondata di emozioni che molto raramente sembra travolgerla ma solo con un pìanto sìlenzìoso fatto di lacrìme subito trattenute.
Gli occhi vigili e sempre attenti, non si chìudono quasi mai, se non stringendosi esageratamente, pronti a riaprirsi continuamente. In contrasto con questa esasperata presenza nel volto e nalla testa. il suo addome è come rìtratto: Nora non sopporta di sentirlo pieno e sporgente. il livello dello stomaco è come collassato, come vuoto e privo di sentìmenti teneri e morbìdì, soprattutto verso se stessa. così importanti quali base del senso dì sè più primitivo, del nucleo più profondo della personalità.
La sorella, di poco maggiore, è sempre stata considerata più fragile dì Nora e perciò più coccolata. più protetta. Ma questo non era mai espresso chiaramente, non era mai detto, come non veniva mai commentato il fatto che la sorella fosse più carina. o più sicura di sé, più collegata ad un ambiente di successo, più stimata, più affermata nella vita. Il tutto era impalpabile, con una consistenza velata e sottaciuta, e per questo molto più difficile da essere contrastata.
Nora con suo padre, clinico e ricercatore importante, ha avuto un rapporto complesso: non c’è stato mai un vero scontro. ma nemmeno un vero rapporto. Poi, cosi dicono tutti ali assomiglia. è elegante essendo dimessa, è intelligente ma non lo ostenta; come il padre che parlava dall’alto della sua cultura con estrema spontaneità, detestando eccessivi intellettualismì.
Nora si è differenzíata dalla sorella rifiutando anche lei ogni dimostrazione di intellettualismo (cosa che l’altra fa come stile di vita): non c’è però ostilità, solo una gelosia dei primi anni di adolescenza. Ma chi si è accorto delle scelte di Nora, a volte difficili e pesanti? Chi le ha capite, apprezzate. sostenute?
Ciò che lei dice, agli inizi della sua terapia individuale, è che non avrebbe mai fatto trasparire i propri sentimenti intimi davanti ai genitori, che non avrebbe fatti mai vedere dal suo viso, quando a tavola si riuniva tutta la famiglia.
Certo è che Nora ad un, certo punto della sua vita si è ammalata gravemente di meningite, già grande. Il padre accorre al suo capezzale anche come medico. ma non immediatamente, perché lontano per lavoro. Dopo questa terribile e angosciante malattia il rapporto col padre è più intenso per un lungo periodo, finchè questi muore. Il dolore di Nora. anche in questo caso, rimane impalpabilmente imprigionato nel suo torace, ma del tutto accettato.
All’inizio il terapeuta è per lei un amico affettuoso. che le dà una mano per ritrovarsi, uno a cui non tutto va raccontato. Man mano che il suo corpo reagisce alla respirazione, ai massaggi e al lavoro incentrato soprattutto sulla mobilizzazione del bacino e delle gambe, Nora sente sempre più netta una differenza tra interno ed esterno; come se da piccola avesse appreso a star bene con se stessa ma non con gli altri.
Affiorano tristezze, malinconie, dolori, ma sempre provocati ella sostiene, da ciò che accade intorno a lei: ora però può parlarne al terapeuta, fatto dopo fatto, particolare dopo particolare. in racconti lunghi e minuziosi durante i quali Nora sembra parlare alla propria madre, ma una madre diversa, una madre che non preferisce la sorella. aperta e estroversa, a lei chiusa. dolce e introversa.
Le manìi del terapeuta che accolgono la sua testa le permettono tutto ciò: il collo allenta le tensioni di controllo. la faccia perde dì tanto in tanto la sua funzione di vigilanza e il pianto triste. il rimpianto per aver “perduto”, affonda su dì un lettino dove la madre l’accoglie e l’ascolta. La separazione un motivo costante ?Ma non consapevole della sua esistenza. è presente anche ora in ciò che sta accadendo col marito: e le separazioni la spaventano e la logorano più di quanto immaginasse.
I formicolii e le sensazioni nel suo corpo aumentano smuovendo soprattutto la sua bocca. le braccia e le mani; la faccia infatti prova molto sollievo ad essere toccata dalle mani del terapeuta: non carezze. ma un tocco fermo, presente, col palmo aperto, calmo e rasserenante. Nora sente qualcosa sciogliersi dentro, qualcosa che diventa un desiderio ben preciso di voler allattare, insieme al rimpianto di non averlo potuto fare con l’unico figlio maschio, il piccolino. I desideri ricominciano a crescere al suo interno. ma ora son fatti anche di sensazioni corporee che da piccola non esistevano, poiché c’erano solo sensazioni mentali dì paura e solitudine. Il vuoto del suo addome è divenuto mancanza di tenerezza, desiderio di essere tenuta in braccio. soprattutto dal padre, che dall’età dei 3 anni fino a quando Nora ne ebbe 5 fu lontano dalla famiglia.
Il lavoro terapeutico sulla schiena, l’appoggio il massaggio, il dare unità alle sensazioni lungo la colonna vertebrale, fanno rinascere emozioni corporee: ad esempio nella mascella con una rabbia e una disperazione silenziosa che si sciolgono in pianto
Nora inizia a parlare al suo terapeuta delle cose non dette in terapia. dì questa impalpabile ostilità., di questa maschera che ogni tanto assume e che non le piace più: Nora docile e accondiscendente, sempre pronta a “rimediare”. persino alle preoccupazioni che la sorella dava ai genitori anche da sposata. con il suo carattere ribelle e turbinoso. In seduta può dire che non ha detto tutto. senza sentirsi per questo continuamente e impalpabilmente (nonostante la sua docilità) INADEGUATA alle aspettative. Ansia e rabbia possono affiorare anche se mescolate.ancora inconsapevolmente, con una diminuzione di extrasistoli e oppressioni al cuore.
Il lavoro si sposta sempre più verso la rabbia e l’aggressività. i movimenti coinvolgono anche le braccia e soprattutto le gambe; la voce riesce a dare un “NO” con un lamento scontroso. E’ ormai più chiaro che ha paura di inondare il terapeuta con i suoi guai e i suoi problemi; mentre è sempre più reale ciò che deve affrontare nella separazione col marito. Nel petto trattiene molta paura e il diaframma solo di tanto in tanto sì muove liberamente. L’affrontare è difficilissimo al massimo riesce. ma neanche poi tanto, a difendersi dagli attacchi del marito in una separazione difficile. La rabbia è ingoiata,ritardata ed esplode nel torace; gli occhi l’assorbono, con la loro necessità di capire, la bocca si chiude a trattenere.
Il terapeuta le muove la testa, le guance, la bocca e gli occhi: Nora fa forza sulle sue gambe. muovendole. spingendole, scalciando mentre la testa è mantenuta. Può lasciarsi andare a sentimenti di respingere e odiare, che cosi tanto le fanno ‑paura. Ora chiede aiuto al suo terapeuta. anche con ìi movimenti incontrollati della bocca dì cui non si accorge. Ha gli occhi si aprono di nuovo. molto spesso. anche in momenti di grande abbandono. per scoprire se il terapeuta è là, l’accoglie, è vicino. La paura di scocciarlo diviene pi~ forte insieme a quella dì abbandonarsi.
I sogni aumentano: sono la casa dei nonni, famiglie unite, calore. affetto,, ma anche pericoli improvvìsi e paurosi, ostacoli alla terapia. Sogna anche del padre: in alcuni ricordando i particolari, in altri no; ma con un sentimento struggente di rimpianto.
Approfondendo ulteriormente la mobilizzazione del diaframma, con una respirazione che sia in grado di attraversa re tutto il corpo, di attivare movimenti fisiologici da tempo attenuati. si evidenzia un improvviso aumento di inquietudine. di impressione di pericolo. L’angoscia diviene fisica, con una localizzazione in due “canali” ai lati della spina dorsale, dove sono i recettori del sistema simpatico. e con un senso di malessere molto pressante. La schiena ne risente insieme al collo: tensioni. dolori. necessità di essere massaggiata. in un tentativo di allentare tensioni paure.
Insorgono vìolentemente antichi sintomi con angosce claustrofobiche. solo che questa volta cedono ben presto a un profondo senso di struggimento, in cui il pianto è apertamente ìndirizzato aì genitori.
Il lavoro con gli occhi, attraverso movimenti, messe a fuoco, rotazioni, ecc. porta a poter vedere la madre con rinnovato e infantile stupore: nella sua debolezza, e in queglì atteggiamenti rigidì del suo essere malata” che alla fin fine riuscivaro a farla imporre a tutta la famìglia. Anche un antico mal dì testa e una forte reazione allergìca a carico degli occhi si rìacutizzano. Gli occhì sono STANCHI, tendono a chiudersi. e Nora sente che potrebbe “scìvolare” andandosene ìn una morte dolce; ma non ci riesce ancora. Le gambe ritornano pesanti come quando era a scuola adolescente, e non riusciva a tenerle ferme sotto il banco.
Segue un periodo in cui molti piccoli malanni si riacutizzano, ma sempre più collegati a sensazioni e pensieri precisi: la rabbia contro il marito che le ostacola la separazione e la “controlla” piccole ostilità sorde che le vengono da altre persone e che prima non percepiva. peso alla testa, lacrime. sensazioni di freddo e di formicolio.
Il corpo reagisce con fatica e dolore come per un risveglio dopo un lungo letargo dì alcune sue parti. Le zone che trattengono emozioni impediscono il passaggio del calore; con la respirazione profonda: i piedi e le mani diventano spesso gelidi. E’ come se ci fosse un acuirsi della lotta tra le sue parti, tra la vitalità che si rivela sempre più feconda di azioni e di capacità di cavarsela. e l’antichissima paura di “muoversi”. dì andare nel mondo, di prendere le cose. gli affetti, le persone. scoprendo al contempo i propri sentimenti.
Il lavoro nella terapia è ora quello di sostenere l’acuirsi di sintomi e malesseri, continuando ad approfondire dolcemente e gradualmente sensazioni e mobilità. Sì interviene sulla testa. ma senza dimenticare le braccia, sul bacino e sulle gambe riprendendo una mobilizzazione della bocca e della voce, sugli occhi contemperando le ansie dì VEDERE con un rassicurante massaggio dolce e tranquillo sulla schiena.
Nora passa da momenti di grande benessere a improvvise riacutizzazioni: i cicli tra depressione e senso di pienezza sono rapidi e frequenti. L’angoscia cardiaca è ora al centro dell’attenzione, come lo è la necessità che Nora pensi più a sé, si perda meno fluttuando “inconsistente” tra le aspettative e i desideri degli altri.
La difficoltà a dire No è una spina che la trafigge e di cui si accorge molto dolorosamente: e insieme la difficoltà ad affrontare le persone affettivamente, le persone care, specie se l’attaccano.
Spesso si sente criticata dal terapeuta: i suoi occhi s’infiammano e si alza repentinamente a sedere, per guardarlo, per parlargli affrontandolo. Il terapeuta è la sorella con cui recriminare la tristezza delle proprie posizioni, la madre a cui può guardare dicendo cose fino ad allora proibite e inimmaginabili per una donna della sua condizione sociale. il padre con cui discutere cercando di capire o fargli capire le tempeste che si susseguono nel processo terapeutico. Non vuol restare sdraiata perchè da sdraiata c’è un groppo al la gola, e non riesce né a gesticolare né a far la voce grossa: sente la “differenza”. vede il terapeuta più l’in alto”, non si sente all’altezza. E’ come se non potesse. in quel momento. sentirsi malata” ed l’aiutata’, poichè è proprio questo che sta per emergere in modo prepotente, e che le impedisce poi di affrontare senza paura attacchi e ostilità. specie quelli espressi in silenzio e con la bocca sprezzante.
Il terapeuta è il presente, sguardo nello sguardo. E man mano scendono un po’ più profondamente, sino a quella marea di sensazioni che sta montando. Ora Nora può sentire di essere arrabbiata; di chiedere aiuto indirettamente ma in modo più pressante. per una rabbia esasperata e esagerata che non credeva di avere dentro. Può esprimere le ultime riserve per la terapia. un qualcosa che non aveva confessato a nessuno. I sentimenti negativi transferali più profondi sbriciolano un’ultima parete. Smette di controllare il tempo. affida completamente la testa nelle mani del terapeuta. va più a fondo in ciò che è al dì sotto della rabbia: una paura non più mentalizzata, non più espressa in forme simboli‑che e metaforiche.
La crisi d’angoscia violentissima: lei sul letto, malata, come nella meningite, terrorizzata. Ondate di sensazioni la travolgono. in tutto il corpo. Il terapeuta le fa mantenere a tutti i costi il contatto occhi‑occhi, attraverso il quale, insieme alle parole e alla presenza. Nora riemerge lentamente dall’angoscia e abbraccia il terapeuta e chiede aiuto al padre. Sgorgano, dopo il primo urlo non più strozzato, parole che rimandano al suo passato. alla sua voglia di tenerezza. al suo doversi mantenere “gelida” per non crollare. E Nora crolla; crollano le “distanze” con le emozioni, le distanze con gli occhi e con la gente.
In quei momenti c’è come una modificazione temporale: il passato si riversa dai recettori neuronei e sensoriali, dai muscoli che vibrano, dai singhiozzi del diaframma, dalla bocca che trema in movimenti incontrollati di suzione. Ma al contempo c’è anche la donna adulta, che sente, registra. entra in pieno contatto con tutta se stessa.
Ed è proprio questo il signifìcato più profondo di momenti simili in psicoterapia: non la scarica. emotiva o muscolare. ma ritrovare 19 mobilità di movimenti antichi non strozzati. ritrovare ampiezze di coloriture emotive sepolte, andare al di sotto delle scissioni, al di sotto delle frammentazioni che ci hanno ridotto in parti limitate, strette tra limiti che il bambino piccolo sembra non conoscere neppure.
Ma il passato che irrompe nella stanza della terapia, dissolvendo pareti e contorni concreti, non è la trascrizione fedele di ciò che è accaduto. bensì ciò che il paziente è nel presente. ciò che è nelle sue reazioni vegetative. nelle stratificazioni emozionali accumulate e metabolizzate dal suo organismo. Il paziente conosce se stesso. i suoi ricordi come sono conservati oggi. le associazioni come si sono assestate e concatenate. quello strato di emozioni che sono le sue reazioni fisiologiche. collegate a pensieri e scene immaginate l’esistenti” nel passato. Tutto questo viene ricostruito insieme al terapeuta. non come una ricostruzione storica, ma storicisticamente significativa; non in una necessità di fedeltà ad un passato‑ombra. un rispetto di ciò che è andato accumulandosi e stratificandosi negli anni, con il senso che per il paziente tutto questo può avere oggi.
La “crisi” di Nora in terapia non è un punto di arrivo. ma proprio il punto di partenza: un insieme di piccoli e gran di passi, che ora può compiere con l’aiuto del terapeuta vicino a se stessa, alle sue paure. alle sue difficoltà. il volto ha già un’espressione più presente, più agguerrita. senza quel sorriso troppo spesso di gentile circostanza.
Nelle settimane che.seguono più volte si è trovata ad affrontare attacchi molto violenti del marito senza più avere né angosce cardiache né tachicardie. senza dover fuggire impaurita. La paura di “star male” cede finalmente il posto a sentimenti che la “sorreggono”: la tristezza soffocata, i rimpianti. la rabbia verso le aspettative degli altri, le ambivalenze verso i genitori, la difficoltà di rapporti verso gli uomini. C’è da procedere sulla strada segnata verso il benessere che adesso prova non solo quando è sola, verso quelle sensazioni di poter non solo contare sulla volontà, sull’intelligenza, sulla forza mentale, ma anche appoggiarsi in pieno sulle infinite risorse e sulle molteplici strategie che il suo organismo, come quello di ogni altro essere umano, può mettere in atto.