Luciano Rispoli psicoterapeuta: La storia di Maurizio.

in “Quaderni della Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale Corporea” – Napoli, Gennaio 1991.

Nel prossimo articolo Luciano Rispoli, psicologo e psicoterapeuta, illustra il caso di Maurizio seguendo la prospettiva della psicologia funzionale, per arrivare a definire il diagramma funzionale ed il progetto terapeutico del paziente.


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La storia di Maurizio

Nell’aprile di qualche anno fa Maurizio venne da me in piena crisi; una crisi che si trascinava da molto tempo, ma che diveniva sempre più grave. Ventisettenne, aveva interrotto gli studi all’Università, aveva da tempo cominciato a bere, ed oramai si ubriacava sempre più frequentemente. In preda alle angosce e alla depressione, avvertiva spesso nausea, cefalee e una sensazione insopportabile di “cervello premuto”. La voce era nasale, molto “raffreddata”; soffriva di raffreddori e di asma (sin da piccolo), con crisi violente che si risolvevano solo con iniezioni massicce di cortisone. Gran parte dell’infanzia l’aveva trascorsa malato, a letto. All’asilo non era quasi mai andato; durante la prima elementare era mancato per lunghissimi periodi di malattia. Aveva mantenuto nel tempo questa sensazione di diversità, aggravata anche da una violenta forma di allergia alimentare. Maurizio insomma non poteva prendere freddo, stancarsi, mangiare determinati cibi: non poteva fare “come gli altri”. Secondo di tre figli, con il fratello maggiore aveva condiviso una certa forma di alleanza: contro i genitori, spesso assenti anche fisicamente; ma soprattutto contro la durezza di alcune governanti “tedesche”, che si erano avvicendate in casa per badare ai bambini, e che spesso erano di una severità insopportabile e bruciante. Questa alleanza, a cui si era tanto aggrappato, si ruppe all’epoca della sua adolescenza, con conseguenze drammatiche. In effetti da allora Maurizio, che aveva sempre tenuto duro a scuola, che aveva sempre puntato sui risultati scolastici e sull’intelligenza, finì per avere al ginnasio un primo vero e proprio tracollo. La notte Maurizio molto spesso soffriva di incubi, e in quei casi si svegliava sempre urlando e sudando freddo. Erano numerose le sere in cui non riusciva neppure ad addormentarsi: il terrore era così forte quand’era piccolo, che qualche volta i genitori non poterono non accorgersene, e il padre dovette restare a dormire con lui nella sua stanza. Ma normalmente non parlava delle sue paure e dei suoi incubi, perché non doveva mostrarsi debole.

Il corpo

Maurizio è una figura longilinea, con gambe lunghe e sottili, e il corpo magro, stretto eccessivamente all’altezza del bacino. Le spalle sono rimpicciolite e trattenute verso l’alto, rendendo così piccolo e gracile un torace che in effetti non lo è. La mascella è cronicamente serrata e la voce ne esce un po’ sibilante e arrochita, comunque poco sonora. La gola è chiusa anche perché la testa ciondola in avanti sul collo, sempre inclinata verso il basso. Le mani penzolano un po’ inerti e fredde alla fine di lunghe braccia trattenute dalle spalle contratte. Il petto è cronicamente alzato in una respirazione troppo scarsa, ma comunque molto alta, quasi all’altezza di gola: lo testimoniano anche le dolenzie dei fasci muscolari intercostali e dello sterno. Il diaframma è teso verso l’alto e poco mobile, schiacciato da un ventre esageratamente rientrante (un “buco” al di sotto delle costole) e da una gabbia toracica troppo gonfia. Il bacino, esile e poco sviluppato, è dolorante e duro. Le gambe sono state poco usate da bambino. Successivamente Maurizio ne ha fatto un punto di forza (quasi a voler reggersi da solo), utilizzandole ad esempio in lunghissime camminate.

Sintomi e disturbi

Molti dei sintomi descritti nella storia di Maurizio si possono ora leggere più chiaramente in chiave somatica, e possono trovare una logica spiegazione nella conformazione del suo quadro corporeo. In particolare l’asma si ricollega al respiro toracico alto e all’immobilità del diaframma; e dunque alle paure (che mozzano il respiro e bloccano il diaframma) e agli incubi notturni. L’asma, con i suoi tipici sintomi di espirazione impedita, la possiamo quasi “vedere” in quel grido non espresso, in quella condizione cronica di inspirazione, tutta trattenuta nella parte alta del torace e nello stringersi delle spalle. Nei bambini sofferenti di asma abbiamo a lungo osservato il collegamento tra asma e respirazione; ed è stato possibile rilevare, con molta chiarezza, in tutti i casi la presenza di questa alterazione della funzione respiratoria. Le tecniche di modificazione diretta del respiro, messe a punto negli ultimi anni all’interno della terapia funzionale, mostrano potenzialità di recupero totale di bambini asmatici in tempi brevissimi, riconfermando lo stretto legame tra asma e modalità alterata di respirazione. Ma anche gli altri disturbi accusati da Maurizio si chiariscono meglio nel quadro generale psicocorporeo. Così trovano una collocazione funzionale il terrore di tagliarsi i capelli; la sudorazione eccessiva alle mani; le crisi improvvise e violente di vagotonia come reazione esagerata ad una simpaticotonia cronica, ad una vigilanza e ad un controllo continui, sostenuti dalla respirazione toracica e dall’inspirazione cronica. L’organismo è in uno stato di stress continuato che, quando diventa insostenibile, invece di un normale lasciare, si trasforma in un crollo molto sgradevole, fatto di debolezza eccessiva, di senso di svenimento e di vuoto, di distorsioni visive e uditive.

Diagnosi delle funzioni del Sé

E’ possibile a questo punto tracciare un quadro abbastanza chiaro delle alterazioni che hanno via via modificato, sino allo stato attuale, l’organizzazione complessiva del Sé in Maurizio, l’insieme delle quattro grandi aree con tutti i sottopiani e i processi funzionali che le compongono. La sfera delle Emozioni appare, complessivamente, molto chiusa e separata dal resto dei piani funzionali; con notevoli difficoltà, cioè, ad esprimere il mondo degli affetti e dei sentimenti all’esterno. Le emozioni sono piuttosto irrigidite, spesso inconsapevoli, ripetute coattivamente. La gamma dei vissuti affettivi appare limitata, e comunque costretta in binari apparentemente freddi, razionali, distaccati. Ci colpisce, però, un dato, che in parte allevia questa situazione pesante: l’emotivo ha una collocazione significativa nel campo dei ricordi, dove riesce a riaffiorare con più vitalità e intensità. I sentimenti, nella loro mobilità, non si riferiscono alla realtà circostante ed attuale, ma sono come imprigionati nella memoria legata al passato. Una delle caratteristiche più evidenti e dannose in Maurizio, è che la sfera emotiva è separata dalle restanti aree funzionali (ad eccezione di un notevole contatto con la funzione dei ricordi), ma è particolarmente sconnessa dalla sfera del Fisiologico. Le emozioni, infatti, si trasformano, senza passare per una consapevole e volontaria espressione all’esterno, in disfunzioni dei sistemi interni: tachicardie, asma, respirazione toracica, alterazioni simpaticotoniche, crolli vagali, modificazioni percettive. E’ come se queste funzioni del fisiologico fossero in un collegamento distorto (non integrato con le altre aree del Sé) e cortocircuitato” con il piano delle emozioni. A tutto ciò si aggiunge una iperespansione del mondo razionale, in realtà incapace poi di controllare efficacemente e realmente tutti i fenomeni che si scatenano nei vari piani del Sé, e di spiegare ed inquadrare “logicamente” tutta la realtà. Da qui lo sviluppo ansioso di preoccupazioni, di pseudo-ragionamenti, di fantasie e di pensieri che lasciano sempre meno spazio al “sentirsi”, se non come esplodere continuo (e per certi versi liberatorio) di malesseri e strane sensazioni fisiche. I pensieri allora, in una spirale crescente, divengono più cupi, indagano ossessivamente su un futuro in realtà lontano, in modo vago e con le fosche tinte delle brutte sensazioni dell’oggi, e tormentano Maurizio lasciandolo senza prospettive e senza speranza. Incapaci di promuovere l’azione e il movimento (anche perché manca una vera capacità di immaginazione concreta progettuale) si chiudono in un cortocircuito sempre più ossessivo e disperato. L’alcool, allora, il bere, diventano l’unica via per interrompere o frenare la spirale, e per smorzare almeno temporaneamente, le angosce crescenti. Il mondo delle fantasie è piuttosto limitato, e riguarda piuttosto un recriminare continuo sul “non detto” e “non fatto”, che una reale capacità di esplorare varie possibilità ed “inventare” soluzioni. Le fantasie sono al servizio dell’iperrazionale, ma non riescono a placare la preoccupazione poiché non spaziano verso i campi del desiderio. Non riescono ad essere uno strumento che anticipa la realtà, cercando i modi con cui raggiungere gli obbiettivi, verificando come perfezionare e migliorare i propri movimenti e le proprie mosse. Manca, come dicevamo, la funzione di immaginare anticipatamente le soluzioni più giuste, l’immaginazione progettuale. La quarta sfera del Sé, il Posturale-muscolare, è un campo notevolmente disastrato. Zone del corpo cronicamente tese, dolenzie, irrigidimenti muscolari, sono presenti un pò per tutto il corpo. Spesso le posture che Maurizio assume sono “obbligate”, i gesti e i movimenti ripetitivi e a binario unico. C’è però un elemento di importanza notevole, che non può sfuggire a chi voglia guardare con un’ottica multifocale, perchè permette di intervenire in un quadro apparentemente “senza speranza”, in una desolazione che sembra a prima vista grigia e piatta così come appare a Maurizio, che l’avverte senza via di uscita e lo spinge perciò alla disperazione. C’è un collegamento ancora aperto (anche se in modo sotterraneo) tra il piano muscolare e quello fisiologico. Una comunicazione non totalmente interrotta tra questi due livelli ci dà la speranza di poter intervenire in tempi abbastanza brevi su tutto il quadro delle disfunzioni fisiologiche attraverso una tecnica terapeutica fatta di particolari massaggi volti a smuovere sin nel profondo la struttura muscolare del suo corpo, senza che debba essere il soggetto a farlo. Questa tecnica passiva, quando è resa possibile dall’esistenza di una certa residua connessione tra le due sfere del Sé, evita al soggetto di dover cominciare il suo percorso terapeutico proprio da quell’insieme di funzioni che sono più alterate e sclerotizzate (in questo caso i movimenti, le posture, e il mondo dei pensieri e delle fantasie ossessive), riuscendo così a non farlo ricadere in movimenti, atteggiamenti corporei, elucubrazioni che, se lasciati a se stessi, andrebbero per forza di cosa sempre nella stessa direzione, riproducendo le medesime sensazioni stereotipate caratteristiche della sua “malattia”, e perciò inutili, se non addirittura estremamente dannose per il valore di riconferma di una realtà che non cambia, e che, ancora una volta non può, neppure in terapia, veramente cambiare. Le modificazioni fisiologiche, indotte senza far ricadere Maurizio nelle vecchie, pericolose e brutte sensazioni, possono cominciare ad alleviare i suoi gravi disturbi, ed interrompere, con brevi ma ristoratrici pause, il flusso angosciante di un funzionamento esageratamente “mentalistico”.

I processi funzionali del Sé

Dalla diagnosi e dalla storia di Maurizio, dai suoi sintomi attuali e infantili, dalla presenza di alterazioni e disturbi delle sue funzioni vitali, dalla lettura del piano posturale e motorio, e così via, emerge a poco a poco un’immagine complessiva delle condizioni attuali del Sé della persona; come si sono andate modificando, e come queste modificazioni si sono stratificate nel corso degli anni. E’ come se tutto fosse là, visibile (se lo si sa cogliere) in un linguaggio che non si può definire né solo corporeo, né solo mentale, in un insieme di elementi che, messi in relazione tra loro, danno un quadro complessivo estremamente chiaro, seppur articolato, del paziente. Tutti coloro che hanno lavorato con un approccio corporeo in psicoterapia, e sono andati oltre le prime rudimentali conoscenze che si avevano anni fa in questo settore, hanno dovuto prendere in considerazione la complessità degli elementi che entravano in gioco in questo tipo di relazione terapeutica. A poco a poco è stato chiaro che non bastava più parlare di psiche e di soma, dal momento che questi due aspetti (per altro strettamente intrecciati, anzi funzionalmente identici, come sosteneva giustamente Reich) sono troppo ampi e perciò troppo vaghi per descrivere più precisamente il funzionamento complessivo dell’essere umano. Al di là di alcune differenziazioni al suo interno, anche rispetto alle tecniche operative, la psicoterapia corporea ha guardato sempre all’insieme dei processi psicocorporei, all’insieme di tutti i piani che compongono il Sé, attraverso l’ipotesi di una loro integrazione originaria, e soprattutto di una interrelazione di tipo circolare, modificando completamente le ipotesi precedenti di una struttura piramidale gerarchizzata che conducesse progressivamente da un livello corporeo, (situato ai gradini più bassi) sino ad un mentale, che dall’alto della piramide controlla tutto. In ogni caso la psicoterapia corporea non va confusa con un’applicazione della terapia anche al corpo; non va confusa con un certo ambito di intervento, perché non si definisce solo come quell’insieme di tecniche che agiscono direttamente sul corpo del paziente, anche se questo in psicoterapia corporea accade. Sono le proposizioni della teoria generale, le ipotesi di interpretazione della struttura di personalità, a caratterizzare le differenti aree teoriche della psicoterapia; e in psicoterapia corporea l’ipotesi fondamentale è quella di un collegamento stretto, circolare, a più feedback, tra le varie parti del Sé, di una unità psicocorporea inscindibile ed originaria. Ora, proseguendo per la strada di queste ricerche, dalle esperienze estremamente interessanti di psicoterapia corporea si è potuto man mano allargare sempre più il punto di vista, guardare ai vari fenomeni in contemporanea, ed approdare ad una prospettiva che trascendeva lo stesso ambito della psicoterapia corporea e che è stato definita da chi scrive come prospettiva funzionale. Il punto di vista funzionale permette di guardare come “dall’alto” al funzionamento di tutti i processi psicocorporei dell’individuo (ma anche dei nuclei familiari, dei gruppi e delle strutture istituzionali). All’interno di questo complesso sistema sono stati individuati quattro raggruppamenti principali dei vari processi psicocorporei dell’organismo, quattro grandi Aree in cui solitamente questi finiscono per differenziarsi e suddividersi.

La prima di queste aree, l’EMOTIVO, rappresenta la particolare coloritura con cui l’individuo, sin dall’inizio della vita, percepisce il mondo esterno, che dunque non è per lui né neutro né piattamente equivalente. All’interno della sfera delle emozioni possiamo distinguere  sentimenti positivi e negativi, quelli nei propri confronti ed il senso di sé, l’umore di base, e infine l’atmosfera generale del proprio mondo affettivo.

IL FISIOLOGICO racchiude al suo interno numerosi sottopiani poiché è costituito da tutti i sistemi ed apparati dell’organismo, che ne assicurano il funzionamento, sino ai meccanismi più piccoli del microbiologico, dell’osmosi e del funzionamento cellulare. Ne fanno parte, dunque, l’apparato respiratorio, il sistema cardiocircolatorio, il neurovegetativo, l’apparato immunologico, il quadro neuroendocrinologico con i suoi mediatori chimici e i neurotrasmettitori, il sistema delle percezioni e delle sensazioni.

Il POSTURALE-MUSCOLARE invece è un’Area più tradizionalmente studiata dalla psicoterapia corporea e in genere più conosciuta come sede del linguaggio del corpo, con i suoi sottopiani delle posture, dei movimenti (grossi e sottili, lenti e veloci, forti e deboli), dei gesti. Ne fanno comunque parte il tono muscolare di base, le caratteristiche di funzionamento dei vari distretti corporei, la struttura e la forma che il corpo è andato man mano acquistando nel tempo.

Il COGNITIVO-SIMBOLICO racchiude al suo interno una serie di processi funzionali più conosciuti nell’ambito delle terapie verbali, ma che comunque non vanno confusi genericamente col “mentale”, ma vanno guardati nelle loro finalità e modalità specifiche. Vi distinguiamo perciò un piano dei ricordi, i processi della consapevolezza e della razionalità, l’insieme delle fantasie che irrompono all’interno della coscienza, i processi immaginativi che l’individuo può organizzare e indirizzare verso un progetto (per prevedere l’esito delle sue azioni e delle sue parole), aggiustandole e modificandole col pensiero sino a trovare quelle più adatte allo scopo che ci si è prefissi. Infine non possiamo dimenticare il sottopiano del simbolico, inteso come insieme di valori profondi e di attributi che ciascuno assegna alle rappresentazioni umane e sociali più significative, quali la nascita, la vita, il maschile e il femminile, l’infanzia, la maturità, la vecchiaia, il lavoro, il gioco, la sessualità, e così via. Questo insieme di valori si esprimono non solo nei sogni, ma continuamente, impregnando la maniera di sentire e percepire della persona, poiché rappresentati da determinati oggetti (appunto simbolici) presenti nella vita di ogni giorno.

Le modificazioni del Sé

Superando le imprecisioni e le approssimazioni delle vecchie “tipologie” (da quelle basate sullo sviluppo libidico a quelle legate alla struttura del carattere), l’approccio funzionale permette di analizzare globalmente le vicende intervenute su tutti i piani e sottopiani del Sé e sulle loro interazioni, per ciascuna concreta singola situazione. Si tratta di analizzare le alterazioni complessive del Sé, senza rimanere nel vago e allo stesso tempo senza perdere una visione d’insieme, di tipo olistico. Il che è possibile se si prendono in considerazione tutte le modificazioni che possono intervenire per ogni processo funzionale, per ogni sottopiano, per ogni area, ma soprattutto le leggi di funzionamento che ne regolano e ne determinano le interconnessioni. In che consistono i processi di alterazione che coinvolgono, negli anni, l’intera strutturazione del Sé, e quali possono essere? Fondamentalmente se ne possono individuare di tre tipi differenti.

  1. a) Le scissioni. Si presentano più facilmente tra le grandi aree, le quali sono state così suddivise proprio perché si caratterizzano per una forte tendenza a separarsi tra di loro, a perdere l’integrazione originaria, a far apparire la persona frammentata nelle sue quattro componenti. Molto frequenti sono però anche le scissioni all’interno di una stessa area, e anche all’interno di un medesimo sottopiano.

La conseguenza è che ciò che accade su di un piano non produce eventi congruenti, che procedono nella medesima direzione, sugli altri piani. Si possono ad esempio avere emozioni non presenti sul livello della razionalità e della consapevolezza, movimenti che esprimono sentimenti diversi da quelli che la persona percepisce, stati fisiologici di paura senza ragioni esterne, posture che contraddicono il tono di voce, toni di voce che contraddicono il contenuto delle parole, e così via. Alcuni processi funzionali, insomma, finiscono per funzionare come sganciati dal resto del Sé, in una sorta di corto circuito che si richiude su se stesso. Naturalmente nessun piano può divenire realmente del tutto sconnesso dagli altri, ma le connessioni rimarranno soltanto a livello molto profondo, nel nucleo originario del Sé, sepolto dalle formazioni coattive e stereotipate del falso Sé. La conseguenza è che le relazioni che restano a livello più superficiale sono non dirette, distorte, contraddittorie.

  1. b) Ipertrofie e ipotrofie. Ogni funzione può svilupparsi insieme alle altre, armonicamente nella personalità, oppure può subire un’alterazione nel suo sviluppo evolutivo, divenendo ipertrofica, esageratamente presente ed espansa nella personalità dell’individuo, o al contrario restare ipotrofica, poco sviluppata, quasi assente nel quadro generale del Sé. Non è difficile pensare, come esempi, a persone che hanno un’emotività troppo sviluppata, un razionale ipertrofico, oppure unna carenza di ricordi, una assenza di movimenti forti o di movimenti teneri, difficoltà nell’ideazione o nell’immaginazione.

Queste disarmonie si ripercuotono nella struttura di personalità, facendo sì che la persona tenda ad accentuare nella vita e nelle relazioni tutti quegli aspetti legati alle funzioni ipertrofiche, che così continuano ad essere alimentate in un crescendo a spirale. Per tali motivi è necessario, per creare modificazioni reali, non insistere sui lati già troppo sviluppati di un individuo; il rischio che si corre in terapia e nella vita è quello di accentuare le disarmonie invece di andare nella direzione di una riarmonizzazione. Vedere con elevata frequenza la televisione, ad esempio, può risultare dannoso non per tutti, ma in particolare per dei bambini che abbiano già troppo sviluppato il piano dell’immaginario, dell’irreale, del fantastico, a discapito della capacità di progettare e di agire in prima persona.

  1. c) Sclerotizzazioni. I processi funzionali psicocorporei possono subire un’ulteriore alterazione nel modo stesso di funzionamento. Quando un tipo di movimento diventa prevalente, un’emozione prende il sopravvento sulle altre, un’idea assume il carattere della ripetitività sino a divenire ossessiva, possiamo dire che quel piano funzionale o quell’area ha subito un irrigidimento, ha perso di fluidità e di elasticità.

Le “gamme”, che l’organismo ha a disposizione, di risposte, di strategie, di capacità, vengono di fatto ad essere più o meno limitate su tutte le aree del Sé: dall’ideazione ai movimenti, alle percezioni, alle emozioni, sino ai sottili meccanismi degli apparati fisiologici interni, dei delicati funzionamenti microcellulari, chimici, elettrici. Non è certo raro imbattersi in situazioni di limitata mobilità: fissità di emozioni o di espressioni, movimenti stereotipati, fantasie coattive, soglie percettive e tono muscolare alterati, povertà di idee e di creatività, e così via. Queste stereotipie, questa limitazione dell’intera gamma di risposte possibili, nei confronti di eventi sia esterni che interni, è fonte di grosse difficoltà di vita. Tali persone, infatti, non possono più avere a disposizione le modalità adatte per interagire efficacemente con l’ambiente, ma sono costrette a reagire secondo modalità ripetitive e quasi automatiche, costretti quindi ai medesimi errori, anche se li si conosce e si cerchi con la volontà di evitarli. La prospettiva funzionale ha sistematizzato antiche e nuove conoscenze nel campo psicocorporeo, costruendo una teoria globale e complessiva del Sé, che guarda all’insieme di tutti i processi funzionali, con l’ipotesi di una loro presenza (anche se in forma più rudimentale) sin dall’inizio della vita, e di una loro profonda integrazione originaria. Ciò permette di affrontare la prospettiva e il paradigma della complessità senza restare paralizzati, senza dover rinunciare all’operatività, pur in presenza di un numero così elevato di elementi e di variabili. Si tratta di avere una cornice unitaria e complessiva che guarda contemporaneamente alle quattro grandi aree in cui possono essere raggruppati tutti i processi funzionali psicocorporei, e di modificare consapevolmente ed in modo adeguato il livello sul quale di volta in volta si sta operando, l’angolazione focale da cui si possono osservare i singoli sottopiani delle aree del Sé, senza perdere di vista (in una concezione multidimensionale e multifocale) l’insieme globale ed unitario. E’ la relazione terapeutica stessa ad essere vista e studiata attraverso tutti i piani nei quali essa si svolge, attraverso tutte le modalità di comunicazione che possano venir messe in atto; modalità che corrispondono, in una certa misura, ai vari aspetti della concezione funzionale del Sé, e che quindi coinvolgono sia il Sé del paziente che quello del terapeuta. Il corpo non è più visto come ristretta fisicità, ma come una parte di quell’insieme di leggi che regolano l’interazione tra i processi funzionali, tra i vari piani del Sé. Questa visione porta al superamento delle tipologie astratte, poiché permette di leggere l’individuo concreto nelle sue varie componenti. Permette, in particolare, di guardare a ciò che si è modificato nella sua storia passata, attraverso molteplici tracce, che nell’attuale sono ben visibili; anche se non su tutte, sicuramente su alcune aree del Sé. E’ così possibile accedere agli esiti delle relazioni passate, guardarle al di là dei soli ricordi o delle sole fantasie del paziente; ed intervenire quindi su queste tracce, su questi esiti, direttamente, per riuscire finalmente a modificarli. Uno dei punti di innovazione più significativi della teoria funzionale riguarda la concezione dello sviluppo evolutivo; l’ipotesi è che tutti i distretti corporei (e non solo quelli tradizionalmente considerati: la zona della bocca, degli sfinteri, la zona genitale), e che tutte le aree del Sé del bambino siano interessati in un “movimento” di relazione con l’ambiente, ad ogni età. Ciò comporta il superamento dell’assioma dell’esistenza di una fase di narcisismo primario, ad esempio, di una fase di “isolamento” del neonato. Ma comporta anche il superamento della concezione del primato di alcune zone del corpo nelle differenti fasi dello sviluppo libidico (orale, anale, genitale), perché le più recenti ricerche vanno in direzione di una concezione differente. Il bambino partecipa con “movimenti” e coinvolgimenti di tutte le parti del suo corpo all’interazione affettiva con l’ambiente (sia interno che esterno), così come con tutti i piani del Sé già esistenti e integrati sin dall’inizio. E’ chiaro allora che gli esiti di questi movimenti affettivi (di segno differente a seconda di come sia stato il rapporto con l’ambiente) possano rimanere incapsulati, con il loro carico di emozioni e sensazioni, estremamente intense, all’interno di qualsivoglia distretto corporeo (le gambe, la schiena, il torace), con la stessa intensità, se non superiore a quella esistente, ad esempio, nella zona orale. Gli esiti di questi movimenti si possono trovare altresì cristallizzati all’interno di ciascuno dei piani del Sé, dove essi contribuiscono ad aggravare, in modo continuo, ma a volte sottile ed invisibile, sconnessioni esistenti, ipotrofie o ipertrofie di determinati sottopiani, sclerotizzazioni ed irrigidimenti di altri, alterazioni dell’intero equilibrio del Sé. Le ricerche sulle leggi che regolano i processi funzionali hanno rivelato che raramente è possibile modificare tutti i piani della persona agendo su uno solo di questi: dipende dal grado di interconnessione residua di tale piano con il nucleo profondo del Sé, e dal grado di integrazione che quest’ultimo ancora conserva. Sarà necessario sviluppare ulteriormente le conoscenze nella direzione della prospettiva funzionale, per poter comprendere sempre meglio quali strade siano da percorrere per ottenere una benefica regressione ai nuclei profondi, come riespandere questa parte ancora integrata del funzionamento dei soggetti, su quali piani e processi funzionali agire per poterli ricollegare, riampliare, rimobilizzare, al fine di riequilibrare l’intera configurazione funzionale del Sé.

Il diagramma funzionale

Riprendendo l’analisi del caso di Maurizio, possiamo ora vedere come tutte queste considerazioni sulla struttura e sulle alterazioni del Sé si possano tradurre in un modello particolare, che le rende immediatamente visibili, e che rappresenta graficamente in un’immagine unica le condizioni attuali, come si sono andate stratificando nel tempo. La diagnosi diviene così un diagramma che ci permette di cogliere la configurazione del Sé con le costellazioni dei vari piani e sottopiani. Il caso di Maurizio può essere riassunto nel  modello funzionale del Sé della seguente figura: I cerchi più grandi rappresentano le funzioni ipertrofizzate così come i più piccoli quelle ipotrofiche. Lo spessore delle linee traducono il grado di stereotipia e di sclerotizzazione delle funzioni. Infine la distanza, in questa rappresentazione, ci dà conto della separatezza e delle sconnessioni tra piani funzionali e tra aree funzionali. La linea esterna rappresenta l’aspetto di relazione e di interazione con gli altri, e con il suo spessore indica la presenza di ciò che può essere definito “falso Sé, così come la linea interna simbolizza i nuclei profondi originari del Sé. Osservando il diagramma di Maurizio, nella sfera del cognitivo sono immediatamente visibili il controllo razionale, iperespanso ed ispessito, insieme al piano delle fantasie ripetitive ed ossessive, con cui in parte si confonde. L’immaginario, come anticipazione e progetto del futuro e come capacità di percepire i desideri, è fortemente ristretto e relegato nel profondo del Sé. I ricordi invece sono abbastanza liberi, collegati con le emozioni e discretamente presenti nella vita psichica di Maurizio. Il falso Sé è per buona parte costituito dalla sfera delle emozioni, che presenta una fissità e una rigidità non indifferenti sul piano della rabbia compressa, del disgusto e della paura. Molto al fondo, invece, e fortemente ristretti, i sentimenti positivi quali l’allegria e la tenerezza. Il piano dei movimenti e delle posture appare, nel suo insieme, tutto meno sviluppato delle altre Aree, come se in Maurizio l’espandersi attraverso i movimenti e gli atteggiamenti del corpo fosse una possibilità compromessa. Ciononostante, il piano dei movimenti, quando vengono stimolati, riesce a trovare delle modalità di espressione abbastanza scevre da eccessivi stereotipi e rigidità. Per quanto riguarda le forme somatiche, solo l’altezza del corpo e la lunghezza degli arti esprimono un insopprimibile bisogno di essere “grandi”, quella volontà di espansione che si è andata spegnendo nella vita di Maurizio. Ed è perciò che su questo piano sono presenti disarmonie e dissimetrie stridenti. Il fisiologico ha e ha avuto, come dicevamo, molto spazio nella vita di Maurizio, creandogli notevoli disturbi innanzitutto sul piano della respirazione (rappresentata come non solo sclerotizzata, ma anche molto limitata e superficiale), e poi nell’ambito del sistema neurovegetativo e in quello delle soglie percettive, fortemente alterate. Fortunatamente, al di sotto di questo aspetto del falso Sé, è ancora abbastanza intatta la capacità di avere sensazioni ricche e differenziate. L’esistenza di un “tunnel” sufficientemente aperto di interazione con l’Area dei movimenti è resa nel disegno dalla breve distanza alla quale sono state collocate queste due Aree.

Il progetto terapeutico

Se teniamo presente il diagramma funzionale della figura, possiamo cogliervi, in un unico colpo d’occhio, non solo l’intera diagnosi (con le alterazioni prodotte e stratificatesi nel tempo sino allo stato attuale), ma anche l’insieme di tutte le indicazioni su come procedere nella terapia di Maurizio, come un vero e proprio articolato progetto terapeutico. Possiamo prevedere grosso modo come si svolgerà, la terapia di Maurizio, quali strade prenderà e quali fasi dovrà necessariamente attraversare. E’ lo schema funzionale stesso a parlarci e a farci notare tutto ciò che dobbiamo realizzare per riequilibrare la configurazione del Sé di Maurizio. Quali sono, ad esempio, le strade possibili di accesso ai nuclei profondi del Sé, quelle che permettono una “regressione” terapeutica verso quelle arcaiche sensazioni, quelle zone dove ancora sussiste l’originaria e preesistente integrazione? Possiamo subito rispondere che il piano dei ricordi, poco ispessito e abbastanza sviluppato, è una delle vie principali di entrata nel Sé. Le altre sono (anch’esse evidenti nel diagramma): i movimenti, e le sensazioni che nascono dal lavoro sul corpo in terapia. Il diagramma funzionale ci mostra inoltre che all’inizio della terapia, per realizzare una efficace regressione, dobbiamo utilizzare non solo il collegamento tra ricordi ed emozioni, ma anche quello altrettanto importante tra Area fisiologica e Area dei movimenti. Appare evidente che il pericolo è nell’ulteriore possibile espansione di fantasie e falsa razionalità (già iperespanse), che perciò vanno contenute e continuamente ridimensionate in questa prima fase terapeutica. Né possiamo lasciare debordare i sentimenti e le emozioni negative del Sé, che se ulteriormente alimentati, minaccerebbero di sommergere la personalità di Maurizio. Il lavoro da fare in questo settore è estremamente delicato, perché si tratta di accogliere le lamentele, l’aggressività travestita da disgusto (comunque collegata ad episodi e ricordi di vita) per far sentire a Maurizio di essere visto ed accettato nonostante i suoi lati negativi, ma senza minimamente incrementare queste emozioni negative su di sé. Successivamente la rabbia andrà aperta nei movimenti, nella forza direttamente espressa, riconnessa non solo alla consapevolezza ma anche e soprattutto al piano delle espressioni corporee. Sui sentimenti positivi, in tutta una prima fase della terapia, non si potrà fare affidamento, in quanto troppo nel profondo e troppo erosi dalle altre emozioni. Ma il fatto che tenerezza e allegria si intravedano già è un dato positivo al quale il terapeuta deve continuare a guardare, vedendole a poco a poco crescere, emergere e rafforzarsi (in fasi di terapia più avanzate). Il piano dei desideri potrà essere utilizzato solo in un secondo momento, solo dopo aver ridimensionato e mobilizzato il controllo e l’ossessività; altrimenti ciò che Maurizio potrebbe esprimere a tal proposito sarebbe solo un artefatto costruito, per la presenza di un falso Sé così evidente e alterato in quel settore. E’ dunque da rimandare ad una fase terapeutica seguente tecniche come quelle delle “fantasie guidate” o tecniche tese a sviluppare le capacità di immaginare e modificare le situazioni con l’immaginazione, senza che Maurizio corra il pericolo di un irrompere angoscioso delle sue fantasie terribili. Dal diagramma appaiono inoltre evidenti le difficoltà sul piano morfologico. Addolcire ed armonizzare i tratti fisici e lo sviluppo corporeo di Maurizio non è un qualcosa che può essere intrapreso in una prima fase; la sfera che li rappresenta nello schema funzionale è troppo grossa e alterata. Anche le tecniche terapeutiche sulle posture non possono dare frutti utili all’inizio, perché Maurizio tenderebbe ad assumere sempre le stesse posizioni e a sentire dunque le stesse sensazioni di chiusura e di inutilità, se non di paura. In questo caso deve essere il Sé ausiliario del terapeuta che, sostituendosi in parte a quello del paziente, gli rende possibile sperimentare nuovi modi di atteggiare il proprio corpo nei confronti del mondo, di ritrovare arcaiche capacità, efficaci atteggiamenti, abbandonati nel corso degli anni. Per poter realizzare questo obbiettivo terapeutico è necessario risvegliare arcaici frammenti sepolti nella memoria corporea, attraverso una manipolazione molto precisa. Sono le mani stesse del terapeuta che aiutano il paziente a “cambiare” atteggiamenti e posizioni, che lo guidano affettuosamente in una serie di inusuali movimenti, permettendogli di raccogliere sensazioni e messaggi che il corpo invia in queste nuove posture. D’altra parte dallo schema funzionale risulta evidente che per Maurizio è indispensabile una grande quantità di massaggi, di un tocco profondo e al tempo stesso rassicurante, per ricreare un contatto che gli è molto mancato nell’infanzia. Il tipo di tocco deve essere intenso per richiamare nella memoria corporea le sensazioni che un neonato deve evidentemente provare nelle mani (per lui grandi e forti) di un adulto. Le tecniche di massaggio e di manipolazione appaiono alla luce del diagramma indispensabili anche per intervenire su un disastrato piano fisiologico. Il Sé ausiliario del terapeuta è l’unico che può modificare pazientemente, ma con grande precisione, respiro, equilibri del sistema neurovegetativo, soglie di innesco delle percezioni, massaggiando e accompagnando con grande precisione i movimenti adatti. Solo dopo che si siano modificate respirazione e percezioni, infatti, sarà possibile far venire alla luce emozioni e sensazioni più profonde (bloccate dal basso livello respiratorio) e al contempo diminuire un livello così forte di controllo. Sarà infine compito della fase finale di terapia quello di dar voce, espressione, movimenti a tutte le gamme di emozioni (positive e negative), andando oltre i momenti troppo superficiali di “esplosione” in una capacità di affrontare direttamente le relazioni con gli altri per quello che realmente sono, più che per come erano visti dalle fantasie distorte. A questa fase appartiene un lavoro di rafforzamento del Sé, attraverso l’ampliamento e la ricostruzione dell’intero spettro (con tutte le varie sfumature possibili) di ideazioni, immaginazioni, emozioni, movimenti e posture.