Relazione psicologica: Il caso di Beatrice.

Luciano Rispoli, 1990. 

Nel seguente scritto sarà riportato il caso clinico di Beatrice, una giovane donna emancipata che, in un momento della sua vita, arriva a bloccarsi in una sindrome ossessiva che le impedisce di vivere la vita in modo pieno e soddisfacente.


Controllo e Lasciare.

Beatrice è uno di quei casi che sembrano esplodere senza preavviso e senza alcuna motivazione evidente, e pro prìo per questo estremamente inquietanti. Ma, come si vedrà ad uno sguardo piú attento, esistevano segni premonitori, e abbastanza chiari. da diverso tempo.

Beatrice è una donna giovane. Intelligente, decisamente gradevole nell’aspetto fisico. Insegna, ha 34 anni, e appare disinvolta ed emancipata nei suoi rapporti con la gente e con gli uomini.

Improvvisamente cade in una sindrome ossessiva abbastanza pesante che la blocca completamente, impedendole di continuare il normale svolgersi della sua vita, E’ terrorizzata; piange continuamente; nonostante una cura forte di psicofarmaci i sintomi non diminuiscono minimamente. Le idee ossessive si intensificano e travalicano la paura iniziale, quella di diventare omosessuale. Ora si fermano su molti aspetti: sulla paura di far male agli altri; di diventare pazza; di un futuro catastrofico, oppure di non essere normale. Vampate di sudore la paralizzano continuamente. Anche mentre sta parlando con gli amici il suo pensiero si dissocia e si fissa sulle solite idee. Sente come se ci fosse un’altra se stessa che la controlla. Il pensiero ossessivo diventa quello di avere pensieri incontrollati che la invadono completamente fino a che lei non sarà più padrona di nulla dentro di sé.

Nella sua storia non appaiono segni od episodi che avrebbero potuto far pensare a questo suo improvviso grave malesseresere, ma nondimeno trapelano elementi estremamente significativi all’occhio esperto.” Comunque lei si è sempre ritenuta una persona normale, che ha avuto un’infanzia normale. con una madre un po’ noiosa, di mentalità chiusa e dei fratelli con i quali le cose non filavano sempre lisce. Ha fatto giochi sessuali con altre bambine. Si masturbava normalmente. Ha provato fastidio nel dover parlare del menarca alla madre e fastidio con vergogna quando le capitò di vedere il padre nudo. La madre le diceva che era fragile, ma lei non lo ha mai accettato e si è sempre sforzata di non esserlo.

Appare qui una prima importante dimensione tra due false antitesi, tra le due seguenti polarità:

Emotiva e fragile                     Forte e razionale

  1. è bloccata verso il polo della forza e della razionalità, senza poterlo essere veramente in pieno, combattendo tutta una vita contro il traboccare delle emozioni e una fragilità mai accettata. Ora, crollata sotto i sintomi, è ridiventata, in maniera reattivamente esagerata, tutta emotiva e fragile, ma con un controllo che non vuol cedere ancora e con il quale si è instaurata una battaglia profonda, inconsapevole e paurosa.

Certamente l’obbiettivo terapeutico non è quello di lasciarla in balia dei pensieri che si sono scatenati e che la hanno finalmente costretta a diminuire le capacità di controllo. Ma neanche si può pensare ad un rafforzamento della vecchia modalità di esercitare la forza e la razionalità, poiché in questa tempesta non funzionerebbe più. D’altronde ancora una volta si può osservare come il sin tomo rappresenti, per certi aspetti, un riavvicinamento al nucleo più profondo del Sé e ad una parte che è stata soffocata dal proliferare di aspetti difensivi e irrigiditi che rappresentano il falso Sé. Dunque la soluzione terapeutica è ben più complessa e delicata: bisogna allentare il controllo anche su altri piani del Sé, sulle aree del fisiologico e del muscolare, nelle quali il lasciarsi andare può suscitare sensazioni piacevoli e non paurose. Contemporaneamente è necessario riconnettere la razionalità alle sensazioni fisiche di fondo, in modo che il pensiero non vaghi senza la guida delle percezioni che arrivano dall’interno e dall’esterno della persona. Solo così il mondo dei simboli e delle fantasie può ritornare ad operare come ponte tra la realtà attuale e il passato, a fianco e non in contrapposizione con il pensiero razionale, quasi una guida al proprio essere nel mondo. Si potrebbe anche dire che controllo e allenamento devono diventare mobili e modulari, cioè devono potersi avvicendare l’uno all’altro in maniera fisiologica, ad onde sinusoidali, senza crolli bruschi e senza persistenze eccessive di uno solo dei due Poli.

In effetti ad un’analisi di tipo Funzionale B. appare con un’area del razionale notevolmente sviluppata e sconnessa dal fisiologico: con un simbolico ipertrofico e pieno di immagini paurose, con un  posturale decisamente normale ma rigido e stereotipato. La struttura della sua personalità può essere riassunta nel diagramma di fig.1

 

Dal punto dì vista più strettamente corporeo si può notare come il collo e le spalle siano evidentemente duri e tirati, il viso non abbia mobilità di espressione (il sorriso è una smorfia sempre uguale), gli occhi si presentino impaurití e fissi.

Il suo tratto caratteriale fisso e ripetitivo dovrebbe avvicinarsi ad un messaggio del tipo: “Devo fare la brava bambina” oppure “non devo avere paura”.

Nelle prime sedute il lavoro terapeutico si svolge inizialmente sul piano fisiologico e posturale. Un massaggio al viso le dà subito un senso di rilassamento con un calore piacevole alla testa. Un  paziente intervento di svuotamento del torace e di mobilizzazione di tutti i muscoli intercostali permette al respiro di scendere un po’ più in basso. Le gambe fatte muovere con sobbalzi, piccoli calci, ricadute sul materasso provocano formicolii che si diffondono verso le estremità insieme all’affiorare di un primo importante sentimento: un desiderio profondo di essere guidata!

Ben presto iniziano i sogni che B. porta in seduta e che punteggeranno tutta la sua terapia, sempre in concomitanza con i passi fondamentali e i risultati man mano acquisiti. All’inizio i suoi sogni però non sono ancore né troppo chiari né troppo emotivamente vissuti.

Anche il primo ripeggioramento non tarda: siamo appena alla 30° seduta. Il rapporto con l’uomo con cui stava si è completamente sbriciolato, perchè lui è crollato per il malessere di B. Avevano da poco deciso di andare a vivere insieme e B. doveva finalmente lasciare la sua casa materna!

L’intervento terapeutico è ora tutto fatto di massaggi alla schiena, che in genere se non esercitati con troppa forza danno un intenso senso di protezione e calore, essendo la schiena la parte che più arcaicamente ha ricevuto sensazioni del genere (e nella vita uterina e nei primi mesi di vita) se il bambino ha percepito di essere stato ben sorretto, mantenuto, poggiato. Dal terapeuta, inoltre, vengono sollecitati alcuni primi movimenti di braccia e gambe volti a smuovere e e “respingere” caoticamente, come fa il neonato che continuamente scalcia, si punta, sgambetta, muovendo continuamente le manine avanti a sé, con movimenti che da lenti diventano improvvisamente frenetici.

La tecnica della “fantasia guidata” (o della reverie con lo scopo di compiere, rimpicciolita, un viaggio all’interno del proprio corpo e poi di uscire e rimanere sdraiata accanto a se stessa, segna l’inizio del lavoro di raccordo tra l’immaginario e le sensazioni fisiche.

L’emozione che si apre è di una grande tenerezza per questo corpo grande grande sdraiato accento a lei. Subito dopo arriva il primo sogno veramente importante (7): la morte della madre, vissuta con dolore, ma non con disperazione! Si comincia ad aprire questo complesso e intrecciato rapporto tra B. e sua madre, ancora chiuso da un saldo cordone ombelicale che stenta, nonostante gli anni, a cadere.

  1. nell’infanzia soleva rifugiarsi sempre in braccio a lei. Poi nella pubertà volle eliminare forzatamente questo rapporto fisico e tenero e tentò di rendersi improvvisamente indipendente dalla madre, senza riuscire veramente e staccarsene. Basti pensare che la prospettiva concreta di lasciare la casa materna aveva fatto esplodere (senza che lei ne fosse consapevole) il suo malessere.

Pian piano nella terapia verrà fuori che la madre, calabrese, ostinata e dura, è stata sempre sottilmente intrusiva, capace in fondo di condizionare senza farlo vedere tutta la vita di B. Ha sempre sostenuto che la figlia non rientra abbastanza nelle norme di vita comune.

Quando B. verso la fine della propria terapia, avendo trovato un rapporto sentimentale soddisfacente, continuerà ad organizzare concretamente il proprio matrimonio e la propria definitiva uscita della casa natia, verrà allo scoperto tutto l’atteggiamento assurdamente oppressivo della madre, che farà di tutto per ostacolare la figlia, contraddicendo in pieno le sue solite affermazioni di volerla vedere finalmente sposata e sistemata. La mobilizzazione di tutte le fasce muscolari che presiedono al movimento degli occhi le dà immediata e precisa la sensazione di diminuzione del controllo. Sul piano fisiologico la riprova è nella diminuzione della frequenza cardiaca,, segno evidente di una sopravvenuta vagotonìa. Sogna di arrabbiarsi con la madre e di allontanarla Il sonno migliora ma il pensiero è ancora troppo separato dal fisiologico e le fissazioni sembrano allora peggiorare. In terapia vengono trattati con massaggi ed esercizi soprattutto il collo e la nuca. B. sente che con la testa non si può TUTTO! Premere e massaggiare a lungo il torace nell’espirazione permette di liberarlo e aprirlo: B. percepisce lo scorrere di qualcosa verso il basso, insieme ai formicolìi, mentre si scioglie il dolore allo stomaco. Il movimento degli occhi e della testa ora produce piacere (13). B. si sente un po’ stonata, deconcentrata, specie dopo le sedute. Gli effetti del respiro cominciano a farsi sentire più intensamente. La vigilanza le dà ora un po’ di fastidio!

Intensifichiamo i massaggi e i movimenti che permettono alle sensazioni di scendere verso la parte bassa del corpo: respiro diaframmatico nell’addome, scalciare, far ricadere pesantemente e stancamente le gambe sul materasso in contemporanea alla espirazione e insieme alla voce, ad un lamento, ad un suono che faciliti il “lasciare”. B. avverte distintamente onde che scendono, calore nella pancia e nel bacino; ma le gambe sono ancora vigili, il petto è ancora dolente e un nodo le stringe la gola.

In questa fase della terapia incontriamo un secondo elemento caratteristico e significativo che puntualmente si presenta, ad un determinato momento, in psicoterapia funzionale: l’apparire del para‑sintomo.

Con la respirazione emergono delle correnti alle gambe (una sensazione gelatinosa) che sono molto simili a quelle che B.percepisce fuori quando si sente male, ma non uguali e soprattutto, al contrario di quelle, assolutamente non paurose.

Questo è il momento chiave in terapia per due motivi: 1) c’è un avvicinamento tra accadimenti e malesseri del paziente con quanto avviene in terapia; 2) è possibile l’avvicinare “dal dì dentro” il sintomo e “l’aprirlo”. cioè sciogliere le sue componenti troppo violente, salvandone la parte per così dire benefica.

Queste correnti, queste sensazioni alle gambe fanno sentire a B. tutta la sua debolezza e fragilità. Solo che nel sintomo tutto ciò è esasperato, il controllo è sul punto di scomparire troppo bruscamente, ed è perciò che B. è costretta a sostituirlo con un controllo del pensiero, con un qualcosa di anomalo e patologico che finisce con il divenire tutt’uno con il sintomo‑debolezza. aumentando la paura e concorrendo ad uno stato di malessere profondo. In seduta le gambe, con l’aiuto dei massaggi e della respirazione, avvertono una sorta di scioglimento. di fragilità, di piccolo crollo; ma con l’aiuto del terapeuta e del suo Sé ausiliario, con il tocco esatto, con una respirazione che toglie le componenti ansiose e le variazioni troppo. Brusche, il tutto assume connotati accettabili e contenuti, se non addirittura piacevoli. Nelle gambe c’è ancora un po’ di lotta tra il contatto, la paura, il desiderio di lasciarsi andare; ed è perciò che bisogna ancora lavorare sul sintomo (o sul para‑sintomo) e continuare a scioglierlo e ad addolcirlo. Il notare la presenza costante delle stesse fasi e degli stessi accadimenti per tutti i pazienti in terapia è stato il fulcro su cui ho potuto basare la teorizzazione della modularità del processo terapeutico.(cfr. il cap. sulle fasi terapeutiche e il cap. sui risultati e sui dati) Questi due momenti, della diminuzione del controllo e della riedizione del para‑sintomo, che abbiamo qui toccato, non sono certo tra gli elementi meno importanti della ripetitività dell’andamento terapeutico.

Il terapeuta allunga verso il basso il suo intervento sul fisiologico, collegando con massaggi adatti il torace. la pancia, la pelvi e le gambe (le gambe formicolano). Finalmente si smuove anche la faccia che diventa dolente e si presenta un formicolìo al mento. la cui fossetta contratta denuncia uno stato cronico di atteggiamento muscolare rivolto a trattenere.

  1. si sente meglio fisicamente. non ha più la “corona” alla testa. ma continua a percepire come inconsueto un allontanamento dalla realtà, un senso di estraniazione da sé. L’importante é,a questo punto, trasformare e rendere accettabile questa sensazione che le incute tanta paura, ma che è purtuttavia un ulteriore passo verso la diminuzione della vigilanza e del controllo ossessivi. B deve poter uscire dall’immobilità quando si sente “estraniata”. entrare nelle cose e nell’ambiente, nelle persone, ritrovare forze e profondo contatto.

Il respiro scende con i suoi effetti oramai sino alle gambe, ma B. si mantiene e si arresta (con mille scusanti) sulle soglie di una regressione veramente profonda. E’ vero, la rabbia sta cominciando finalmente a farsi vedere, ed ha bisogno di poter essere espressa senza paura: ma prima di tutto B. deve sperimentare la sensazione antica ma perduta di Poter stare senza reagire agli eventi, senza dibattersi e divincolarsi, senza lottare con la volontà. Solo dopo può agire con meno sforzo e senza angosce.

Puntuale si presenta il peggioramento dei sintomi con angosce, pensieri estranianti e vampate di calore (10). E’ il momento di poter andare un poco più a fondo nella terapia. Viene suggerita alla paziente un’esperienza più intensa e vibrante adatta alla fase in cui si trova. Una pressione esercitata dalle mani del terapeuta sulle spalle e soprattutto sulla sommità del capo della paziente distesa sul lettino richiama, inizialmente, le emozioni “imprigionate lì in quelle zone (non tutte, quelle più esterne): in questo caso una strana mescolanza di rabbia e paura. Successivamente la persona comincia a spingere con la testa, con tutta la propria forza, e usando contemporaneamente la voce, contro le mani del terapeuta che fungono da ostacolo non troppo duro, ma molto fermo, fino a che in un ultimo grosso sforzo (e in genere con un grido del tutto spontaneo) riescono a sfondare la barriera. A quel punto il terapeuta prende nel proprio grembo la testa della persone.

  1. spinge (finalmente) con molta forza; la voce esce a stento inizialmente, poi prorompe disperata e con una strana tonalità infantile. Infine essa si rannicchia tutta e per la prima volta dall’inizio della terapia si conquista uno spazio e qualcosa di buono per sé mettendosi completamente (non solo la testa) tra le mie braccia (21). I sogni che intervengono successivamente confermano che finalmente ha accettato il fatto di essere “amata” insieme al suo desiderio che qualcuno si prenda cura di lei. Diminuiscono i pensieri e le paure. Ora la terapia può iniziare a smuovere con minore circospezione le angosce presenti nelle zone del corpo dove sono maggiori il controllo e la vigilanza: testa, collo, spalle. addome e bacino. Muoviamo anche una aggressività e una rabbia più profonde nascoste dietro il sorrisetto, l’atteggiamento bamboleggiante e rivelate di un tratto caratteríale costituito da una dolcezza pungente. Dai sogni risulta evidente che comincia a vacillare e a cadere dal piedistallo quell’imperativo interno, quell’ideale del sé. che le ha sempre impedito di vivere (di lasciare la casa materna, di prendersi veramente un uomo, di concedersi una maternità).

B sta molto meglio; eppure il terapeuta si accorge che ora i passi in terapia procedono lentamente e che la sua capacità di lasciarsi andare non è piena e completa. B ad esempio, non riesce, con la respirazione, ad arrivare negli sbadigli. Gli sbadigli sono un segnale evidente di un respiro diaframmatico molto ampio e del tutto involontario, che travalica la volontà della persona, che trascina e travolge il controllo.

Non si può dire se sia la diminuzione del controllo a provocare gli sbadigli o questo movimento fisiologico ad allentare la vigilanza e la cronicità di simpaticotonìa, poiché le due aree sono interconnesse (anche se a volte solo in maniera sotterranea) e dunque interdipendenti. Fatto sta che quando non c’è una eccessiva scissione tra queste aree del Sé gli sbadigli intervengono sempre a segnare il passaggio tra una fase di concentrazione e di forte attività ed una di allentamento: si sbadiglia quando si ha sonno, o meglio quando si avvertono sonno e stanchezza; dopo una intensa paura; quando cade l’attenzione e subentra la noia; quando ci si accorge che si aveva fame. Un aspetto fondamentale del lavoro psicocorporeo è che spesso i pazienti si meravigliano delle sensazioni di stanchezza, indolenzimento. contrazione che cominciano ad avvertire all’interno del loro corpo e che prima non arrivavano alla percezione. Dolore e stanchezza consapevoli sono segnali importanti perchè costituiscono il passo indispensabile per poter modificare posture contrazioni, immobilità, per poter allentare le tensioni ed il controllo, per arrivare ad un funzionamento modulato in cui si susseguono con dolcezza simpaticotonìa e vagotonia, vigilanza e rilassamento.

Ritornando alla particolare condizione di tensione di B., non si può dire che sia determinata ancora da situazioni corporee evidenti e macroscopiche, da distretti muscolari fortemente contratti, quanto piuttosto da una costellazione di piccoli irrigidimenti, di lievi movimenti trattenuti, di limitate alterazioni del tono muscolare, diffuse dappertutto. Ho definito questa condizione di microcontrollo periferico, impercettibile ma continuo, volto ad evitare le sensazioni di malessere e di paura, ma frenante anche nei confronti dei benefici effetti dei massaggi o della respirazione. Bisogna allora pazientemente controbattere tutti questi piccoli tentativi inconsapevoli di mantenere e trattenere insistendo con i massaggi profondi, aiutando passo passo la respirazione e correggendola con cura, favorendo tutti i movimenti che hanno per effetto il lasciare, l’abbandonarsi, l’allentare. Intendiamo dunque movimenti che, in contemporanea alla fase espiratoria, con un senso di stanchezza, lasciano ricadere a corpo morto le braccia, le gambe o il bacino sul materasso; oppure movimenti che favoriscono l’allentarsi nei muscoli del collo e delle spalle; o ancora quelli che aiutano a far “scendere” dalla testa verso il basso la congestione e il sovraccarico di fluidi, impulsi elettrici, attività muscolare, sensazioni.

Ad esempio un massaggio allo stomaco e all’addome libera un intenso ma positivo senso di tristezza, nel quale il contenuto con se stessa e con me è finalmente recuperato. In effetti B. quando si sente meglio tende a ritirarsi in sé perdendo il contatto con l’altro, e in particolare col terapeuta. Prima di questo pianto di tristezza, infatti, B aveva espresso una sua paura del tutto inventata che io volessi lasciarla e interrompere la terapia.

Nei sogni comincia a fare capolino qualche esplosione di rabbia, e finalmente B si arrabbia con la madre che tende ancora a trattarla come un’adolescente (30). In terapia possiamo sollecitare qualche movimento aggressivo più chiaro, come scalciare, spingere e smuovere il peso del terapeuta sulla schiena.

Un massaggio nella zona del collo e del torace produce i primi sbadigli, insieme ad una sensazione di calore che scende verso il basso ad onde e di piacevole calma. Insistiamo con gli occhi, con le gambe e con la schiena riconnettendo movimenti, respiro, voce, fantasie, emozioni e ricavandone sempre di più sbadigli, ondate, senso di rilassamento e persino una sensazione di svenimento piacevole. Dopo questo periodo altamente positivo arriva la fase del primo transfert negativo profondo, con dubbi (proprio ora che i miglioramenti sono così tangibili) profondi e sfiducia.

13 ‑ Il lavoro transferenziale consiste essenzialmente nel farle accettare la parte fragile, nel raccoglierla, nel tenere B che ritorna una seconde volta in braccio a me rannicchiata. Gli effetti sono immediati. Ritornano gli sbadigli, si sente di _nuovo molto meglio tanto che ricomincia a leggere di nuovo i libri, cosa che non riusciva a fare più da molti mesi (41). La mobilizzazione degli occhi produce in poco tempo moltissimi sbadigli. La respirazione associata a movimenti forti col bacino (colpi del bacino verso l’alto contro le mani del terapeuta o verso il basso sul materasso) e alla voce richiama ancora rabbia e aggressività. B è ora arrabbiatissima con la madre e me, riconosce in pieno i ricatti, il vittimismo, l’intrusione, ma non è ancora in grado di smuovere la situazione e affrontarla direttamente.

E’ necessario ora in terapia passare ad una fase in cui sia lei a muoversi piú attivamente, toccando con mano e verificando i cambiamenti piuttosto che limitarsi e controllare solo con il pensiero, ma perdendo contatto e quindi comprensione della realtà che la circonda. E’ proprio il recupero della fragilità e del poter essere sostenuti, accolti, presi, che le può dare nuova spinta verso un’aggressività aperta e diretta. Bisogna che B sperimenti e ritrovi sempre più la capacità di spostare e smuovere le situazioni esterne, andare dentro l’altro con risultati tangibili. Più B. potrà allentare il controllo e lasciare senza paura, più sarà in grado di usare la forza (ma in modo diverso, basandola sul corporeo, sul respiro, sulla calma) e di mettere “le mani in pasta” usando le braccia non solo metaforicamente, per cambiare. Con l’aggressività ricominciano le ricadute con peggioramento dei sintomi e scoraggiamento fortissimo. Un segno nuovo è finalmente il sopraggiungere del torcicollo, che traduce in evidente dolore e malessere l’ipertonìa e il controllo di quelle zone muscolari (54). Tristezza e Gratitudine verso di me prorompono irrefrenabili. Nell’alternarsi di miglioramenti e ricadute ci sono alcune cose che colpiscono e che possono far comprendere bene cosa accade in terapia Funzionale. Durante un pianto forte B. sente di avere perso il suo essere bambina e le sue illusioni, ma può dirmi facilmente che non sa se io le voglio bene. Questo è un passo irreversibile e importante così come oramai acquisita appare la sua capacità di prendersi cose buone per sé. B si riprende il suo rapporto spezzato con il padre,che ha perso,attraverso me, si prende le coccole, si prende gli aiuti.

Un elemento significativo e caratteristico è l’insorgenza (temporanea) di un sintomo che non aveva mai avuto, le vertigini, e il ritorno di un vecchio sintomo, la claustrofobia. Le vertigini esprimono un recuperato rapporto con l’ondeggiare, il lasciarsi andare e cadere, il buttarsi con la testa in giù ma non ancora pieno e scevro da paure. La claustrofobia esprime in pieno un desiderio di essere accolta, contenuta (piccola e fragile sempre respinto e trasformatosi, appunto, in paura. Entrambi questi sintomi si inquadrano perfettamente nel percorso terapeutico che B. sta svolgendo sulla dinamica controllo‑abbandono, farsi forza‑lasciarsi andare, mantenersi-ondeaggiare. Come tappe della terapia. che a questo punto si è andata spostando sempre più verso movimenti di aggressività aperte, possiamo citare la seduta in cui esce intensamente la rabbia (60), quella in cui si fa sentire in pieno la stanchezza, dopo un lungo lavoro sui tremiti delle zone muscolari dei distretti corporei più importanti quella in cui riesce a risentire tutta l’emozione tremenda della perdita del padre quando era piccola (78). B riesce ad arrabbiarsi in seduta con me e anche direttamente con la madre (33). La mobilizzazione degli occhi dà ben presto bruciore e stanchezza dei movimenti. Il massaggio alla testa le dà sensazioni molto belle e correnti che scendono verso il basso. La faccia da immobile si è ora completamente sciolta (73). Le emozioni sono piene e differenziate e B. sente un contatto pieno e sereno con le persone (75). Citeremo ancora il sogno su di un figlio e il lungo lavoro di separazione. B. si sposa e va a vivere in una casa sua. La terapia si chiude alla 100 seduta.

LE 4 LEGGI FUNZIONALI PSICOCORPOREE DEL SE’

1) Tutte le funzioni psicocorporee (Il Sè corporeo‑funzionale) sono tra di loro interconnesse, collegate direttamente e presenti sin dall’inizio nell’individuo. Movimenti su un piano producono comunque effetti sugli altri piani. C1 Nessuna funzione si aggiunge, completamente nuova nel corso della vita, ma quelle già esistenti si complessificano e si specializzano arricchendosi e modulandosi in nuove sfumature.

2) 1 processi funzionali possono subire alterazioni per l’impatto frustrante o non favorente dell’ambiente: a) separazione tra di loro, b)irrigidimenti, diminuzione di mobilità, sclerotizzazione, c) iper o iposviluppo (iper o ipotrofie Tutto ciò costituisce il falso Sè. C2) Le funzioni tendono a separarsi prevalentamente in 4 grandi aree o raggruppamenti, ma anche nei sottopiani interni a ciascuna area. Il funzionamento su alcuni piani può divenire più autonomo, automatico, cortocircuitato in sé stesso.

3) Le sconnessioni non sono mai totali. Le funzioni rimangono comunque connesse ma solo a livelli profondi. Nei livelli più esterni del Sé i collegamenti sono mediati dalle loro alterazioni (dalle loro non buone comunicazioni con i nuclei profondi originari).

I collegamenti sono alterati, non diretti, distorti

C3) Un processo terapeutico deve far regredire ai nuclei profondi e ancora integrati del Sè. Per arrivarci bisogna utilizzare e seguire le funzioni meno separate, alterate,sclerotizzate, dove il falso Sé è meno ispessito.

4) Cambiamenti su una Funzione producono sulle altre Funzioni cambiamenti direttamente corrispondenti e congruenti se le 2 Funzioni sono non alterate; b) indiretti, incongruenti, distorti se una Funzione è sclerotizzata; c) inversi se sono entrambe altamente sclerotizzate d) non duraturi e non stabili se sono separate. C4) E’ necessario inoltre intervenire terapeuticamente su molteplici piani Funzionali ristabilendo congruenze e corrispondenze, se si vogliono cambiamenti stabili e complessivi in una medesima direzione.