Scuole di psicoterapia: Epistemologia del pensiero Funzionale.

Luciano Rispoli, 2003.

Oltre 70 anni di ricerca e di pratica nel campo della psicoterapia corporea ci hanno a poco a poco introdotto nella necessità di collegare dimensioni differenti tra di loro, ci hanno spinto a cercare di sviscerare le complesse interazioni tra ciò che è stato definito fino ad oggi “corporeo” e “mentale”.


Cambiamenti in psicoterapia corporea

I processi che vengono toccati in psicoterapia corporea appartengono al vasto dominio della complessità, si collocano su piani differenti l’uno dall’altro. Sono processi imprevedibili, sottili, diffusi, ma al contempo molto intensi. Può così accadere che, per effetto di una siffatta terapia, si verifichino trasformazioni molto profonde, a volte del tutto inaspettate, concernenti comunque differenti piani del Sé. Si possono avere cambiamenti nei sogni: nella loro frequenza oltre che nel contenuto. Chi non sognava o non ricordava i propri sogni li comincia a ricordare; chi sognava troppo e si sentiva oppresso dalle immagini notturne rallenta l’attività onirica e può essere alleviato da lunghe pause senza sogni. Possono allentarsi le fantasie paurose, ripetitive e ossessionanti; così come i ricordi, anche essi a volte alterati e sclerotizzati, filtrati spesso da sensazioni negative. Una donna era sicura di aver avuto solo momenti di durezza da parte della propria madre, quand’era bambina; e questo le aveva sempre ingenerato una grande tristezza. Ma in terapia scoprì inaspettatamente che con lei aveva avuto anche momenti teneri, ma li aveva dimenticati completamente.

Anche il modo di immaginare si trasforma: possiamo imparare a creare immagini e condurle dove vogliamo, a renderle piacevoli come e quando lo desideriamo, invece di essere prigionieri di immagini sgradevoli e dolorose che ci arrivano alla mente senza che ce ne accorgiamo. Un ragazzo non riusciva a immaginarsi mentre sommozzava sott’acqua e scendeva in profondità: si sentiva soffocare. Una donna, invitata ad immaginare di stare stesa su di un prato verde e morbido, sentiva invece che il prato era duro e pieno di insetti pericolosi. L’immaginare è un’attività fondamentale che completa la capacità di avvertire i nostri stati d’animo: di collera, di tenerezza, di forza o quel che sia; li rende più pieni, ma solo se non è una funzione separata dalle sensazioni. L’immaginare serve anche a prefigurarsi le situazioni future al fine di rendere più efficace il nostro agire, prevedendo i comportamenti dell’altro e il modo migliore per rispondervi e superare gli ostacoli che si frappongono al raggiungimento degli obiettivi desiderati.

Per chi lavora nel campo della psicoterapia, oggi è del tutto evidente che durante il suo corso si modificano in modo notevole anche le modalità con cui vengono sperimentate ed espresse le emozioni: che diventano più diversificate, più ricche, meno rigide, meno ripetitive. Si apre la tenerezza per chi non l’aveva, la rabbia rancorosa può diventare una forza aperta e serena, la paura indifferenziata cede il posto a timori ragionevoli legati a reali situazioni di pericolo. Un’anaffettività patologica e una freddezza di fondo possono sciogliersi in una intensa capacità di amare. Ma le trasformazioni più incredibili, e spesso trascurate dall’attenzione corrente, passano ai livelli più profondi dell’organismo. Le percezioni tattili si modificano profondamente, così come le soglie del dolore. Persone che “saltavano” dal dolore appena le si toccava, quasi fossero piene di lividi, ritornano ad avere buona sensibilità; all’opposto, quelli che non percepivano quasi nulla, anche quando li si stringeva con molta forza, riacquistano delle gradevoli sensazioni di tatto. Se prima non si avvertiva niente all’interno del proprio corpo, dopo si aprono fiumi di sensazioni: correnti, movimenti di fluidi, gonfiori, pienezze, formicolii, pesantezze, rilassamenti. Si modifica persino il modo di scambiare liquidi nei tessuti e nelle cellule: chi urinava raramente durante la giornata, comincia a farlo con molta frequenza; chi si tratteneva non riesce più a farlo. La biochimica degli organi si modifica.

Un uomo di 45 anni soffriva di dolori lancinanti all’uretere. Gli avevano diagnosticato una strozzatura al canale uretrale, e con varie operazioni avevano cercato di allargarlo, inserendo nel canale differenti supporti meccanici, ciascuno dei quali dovevano essere portati per un pò di tempo. Niente di tutto ciò funzionò: neanche l’ulteriore aiuto di una specifica cura farmacologica che si accompagnava a questi interventi delicati, dolorosi e costosi. La terapia, invece, portò a una modificazione profonda di tutta la zona delle pelvi, e i dolori scomparvero completamente senza più bisogno di medicine e di ulteriori interventi.

Che con la terapia psicocorporea si modificasserono anche le funzionalità degli organi interni lo si poteva constatare caso dopo caso: tachicardie, aritmie, oppressioni al torace, circolazione periferica carente, pressioni alte, si scioglievano tutte, e i valori ritornavano nei limiti della norma. Una donna di 41 anni soffriva di rilevanti tachicardie accompagnate da nausee e malesseri indefiniti. Si incaponiva a sostenere che tutto ciò partiva da una “bolla” che si formava nello stomaco e che si “spostava verso l’alto”, ma i medici non le credevano considerando queste sensazioni come qualcosa di puramente inventato o comunque del tutto indipendente dalle sue sofferenze. I medici non potevano sospettare le profonde connessioni che le crisi di tachicardia e di malessere hanno con una respirazione bloccata, con un diaframma teso che viene ulteriormente disturbato dal contatto con uno stomaco pieno: un diaframma contratto che non asseconda questo contatto con morbidezza ma ne viene ulteriormente traumatizzato. Il diaframma, insieme agli altri centri di regolazione concatenati, genera squilibri profondi nel sistema vegetativo autonomo profondo, quello deputato al funzionamento degli organi interni. Partono così treni di impulsi che scatenano tachicardie, extrasistoli e crisi di sofferenza e malessere profondi. In terapia tutto questo si risolse definitivamente in non molte sedute. Quello che in terapia accade visibilmente ai tessuti del derma, e alla pelle in particolare (che si modifica nel tono e nell’elasticità) si verifica probabilmente anche a livello delle mucose interne. Nelle donne, infatti, una nuova funzionalità delle mucose dell’utero si unisce ad un cambiamento dei livelli ormonali trasformando notevolmente cicli mestruali alterati: i flussi divengono più abbondanti se erano scarsi; più regolari, più frequenti se erano rari; meno dolorosi e drammatici.

Lo sciogliersi dei sintomi

Nel corso della terapia incontravamo numerosi di questi effetti, non direttamente ricercati; sino a quando, divenuto evidente che era la terapia a produrli, abbiamo iniziato a cercarli intenzionalmente. Le cefalee avevano andamenti via via decrescenti in intensità e in frequenza, così come i dolori muscolari e artritici, le coliti, le gastralgie, e i disturbi delle zone genitali. Le riniti, dopo un periodo di intensificazione tendevano ad attenuarsi notevolmente. Persino le gengiviti, con l’ausilio di una respirazione diaframmatica realizzata a bocca aperta, una respirazione che coinvolgesse i tessuti interni, tendevano a scomparire del tutto. Spesso i pazienti accusavano disturbi agli occhi: visione appannata, bruciori, rossori, si risolvevano senza medicine. E’ significativo che, dopo una seduta con una buona respirazione diaframmatica spontanea, oltre a numerosi effetti e sensazioni piacevoli, si abbia un’abbondante produzione di urina e un sano appetito fisiologico. E’ come se ci si andasse a riagganciare proprio a quei funzionamenti che erano alterati, trovando però ritmi e modalità che invece rappresentano lo stato di salute e di benessere.

Il significato profondo dei sintomi

Ancora più particolare è il presentarsi, in seduta, di due fenomeni, entrambi di importanza cruciale per la comprensione di queste profonde interconnessioni tra i vari piani di funzionamento dell’uomo.

Il primo è costituito dall’emergere di uno dei sintomi accusati dal paziente: o uno di quelli più pesanti (di cui la persona si era molto lamentata), oppure uno di quelli meno gravi, che però rappresentano nel loro insieme un disfunzionamento comunque invalidante. Una tachicardia, un senso di soffocamento alla gola, un attacco di colite, uno “spaventoso” dolore al petto, una fitta in un organo interno, si presentano e si sciolgono completamente nella seduta stessa. Con l’aiuto del terapeuta l’organismo ritrova una sua strada per “comprendere” il sintomo: ripercorrere, cioè, il processo che lo produce per poterlo poi modificare definitivamente. E’ uno dei momenti importanti della terapia, una svolta significativa nel suo andamento.

Un secondo fenomeno (abbastanza analogo nelle forma ma sostanzialmente diverso) è rappresentato da quelle “sensazioni simili ai sintomi” che puntualmente si presentano, ad un determinato momento, in ogni terapia. Chi soffre di giramenti di testa, vertigini, fischi all’orecchio, attacchi di panico, collassi, senso di svenimento, contrazioni allo stomaco, stanchezza estrema, e così via, avrà in seduta sensazioni molto simili a questi disturbi. Solo che queste sensazioni si presentano con caratteristiche completamente diverse: di tranquillità, prive di paura o di angoscia, e addirittura via via sempre più piacevoli. Tutto ciò ci apre alla comprensione del significato più profondo del sintomo, mai fino ad ora forse compreso così chiaramente: un ritorno di funzionamenti che erano bloccati, una riapertura di canali chiusi, un tentativo dell’organismo di ritrovare capacità trattenute e sepolte, di ritrovare un funzionamento vitale. E’ un tentativo che però assume le caratteristiche negative di una patologia, a causa delle alterazioni ancora fortemente presenti delle funzioni del Sè. Dalla esperienza accumulata si evince, ormai abbastanza chiaramente, che un “giramento di testa” può rappresentare in fondo un tentativo di allentare controllo e rigidità dell’andatura per ritornare ad una sensazione (del tutto naturale) di morbidezza e di “ondeggiamento”. Così un senso di svenimento è un tentativo di ripristinare, anche se in modo ancora troppo brusco, un funzionamento vagotonico: vale a dire il sistema della calma piuttosto che quello dell’allarme. Il senso di stanchezza cronico può invece rappresentare un chiaro segnale che indica una non rinviabile necessità di pause e di diminuzione dei ritmi; è il segnale di un organismo che si rifiuta di sopportare ulteriormente, di sforzarsi e di tirare avanti a denti stretti. Quando si arriva a segnali di rifiuto così evidenti, la persona non può più seguire precedenti modalità di vita anche se vorrebbe continuare a farlo: il suo organismo non glielo permette più. In fondo sotto ogni sintomo si può ritrovare una sorta di rottura con vecchi schemi di funzionamento dannosi, vecchie insensibilità, vecchie rigidità; una rottura probabilmente troppo brusca ma per alcuni aspetti indubbiamente positiva. E infatti insieme ai sintomi si riaprono antiche percezioni, riappaiono sensazioni vitali e fisiologiche sepolte; anche se poi risultano oramai quasi sconosciute all’organismo e quindi paurose. Durante la terapia questo fenomeno di riapertura si intensifica e prende reale consistenza. Sandro, un ragazzo di 28 anni, si meravigliò perchè ad un certo punto del suo percorso terapeutico, andando allo stadio, contrariamente rispetto a prima, avvertiva in modo incredibilmente intenso i suoni e i rumori della folla.

Durante il trattamento terapeutico emergono in modo molto netto contratture, dolori, rigidità, stanchezze che prima non si avvertivano, completamente chiusi come erano all’autopercezione. Come i lavoratori delle miniere africane che, per non sentire la fatica del loro durissimo lavoro, masticavano foglie di coca anestetizzando tutte le sensazioni spiacevoli ma anche quelle piacevoli; e finivano poi per crollare completamente perchè non avevano più i loro campanelli d’allarme naturale.

Le complesse interrelazioni tra le funzioni del Sè

Tutto quanto abbiamo visto finora rappresenta indubbiamente un interessante report di ciò che avviene in una psicoterapia, specie in una psicoterapia in cui si lavori sull’unità mente-corpo. Ci permette inoltre di accedere con maggiore comprensione all’andamento del processo terapeutico nei suoi elementi di base, nei suoi elementi costitutivi centrali. Ma soprattutto ci trasporta con grande immediatezza, in modo diretto ed evidente, nel mondo complesso delle interrelazioni mente-corpo, o meglio delle interrelazioni tra i differenti piani di funzionamento dell’essere umano. Ed è proprio per questa caratteristica che viene riportato qui: per la sua capacità di essere chiave di lettura e di interpretazione della multidimensionalità del funzionamento umano. Come vedremo meglio più avanti, lo studio dei fenomeni emersi in terapia corporea, delle sensazioni interne e profonde, del significato dei sintomi, dei molteplici effetti di una terapia che agisce non solo sul verbale, lo studio di tutto ciò è stato una strada verso la comprensione della complessità. E’ da qui che è venuta alla luce una maniera diversa di leggere l’organismo, un’ottica multidimensionale, un modo di pensare la realtà e la scienza che si muovesse sul particolare e sul globale al contempo. Da qui si è rafforzata la convinzione che si dovesse considerare come centrale l’organizzazione dei sistemi, e le funzioni come elementi portanti di una visione diversa e moderna dei fenomeni complessi. Questa è stata insomma la strada attraverso la quale si è venuta formulando un’epistemologia funzionale.