Luciano Rispoli psicologo: Stress e ansia.

in http://www.facchinetti.net, 1998.

Luciano Rispoli, psicologo psicoterapeuta, introduce i temi, sempre attuali, dello stress e dell’ansia, analizzandoli in chiave Funzionale.


Introduzione

Studi sempre più numerosi tendono a verificare i collegamenti tra il campo emozionale (e psichico, in senso generale) con i livelli profondi del biologico. Si studiano, ad esempio, le interazioni tra depressione e cancro; tra shock emotivo e malattie degenerative; tra stress e indebolimenti del sistema immunitario; tra ansia e malattie cardiocircolatorie; e così via. Tutte queste ricerche sembrano aver comprovato che esistono connessioni indubitabili tra differenti livelli di funzionamento dell’uomo, o, come diciamo in psicologia funzionale, tra differenti aree del Sé. Molto spesso però i piani studiati sono troppo lontani tra loro, cosicché si perdono le possibilità di trovare il senso più profondo delle interconnessione delle leggi che le regolano.

Si pongono allora due ordini di problemi.

Innanzitutto è necessario estendere la ricerca su tutti i piani che compongono il continuum tra i livelli più esterni del comportamento e dello psichismo e quelli più interni e sottili che attengono al microbiologico. Quello che manca negli studi sinora realizzati è la comprensione del come i collegamenti trovati si esplicano: attraverso quali altri piani e livelli, con quali meccanismi intermedi. Si tratta in altri termini di allargare la ricerca e la comprensione dei fenomeni psicofisici, su tutta la catena che dal macro (respiro, movimenti, tono muscolare, comportamento, ecc.) conduce al micro (modificazioni biochimiche interne: neurotrasmettitori, neuromodulatori, apparato immune, ecc.). Un secondo aspetto che dovrebbe integrare questo tipo di studi psicofisiologici, riguarda la possibilità di intervenire e di operare su tale continuum per riuscire a modificare od invertire i processi degenerativi in atto.

L’approccio Funzionale in psicoterapia corporea, attraverso il suo modello del Sé e lo studio delle interconnessioni tra tutti i piani che lo compongono, può rappresentare uno degli strumenti più adatti e promettenti proprio per la realizzazione di questi obiettivi. Vediamo come si estrinsecano queste possibilità, sia nelle ricerche già realizzate, sia nelle prospettive e nelle direzioni che , a partire da queste, ci si dischiudono davanti sempre più promettenti.

L’ansia

Una condizione psicofisica strettamente legata allo stress e quella dell’ansia, intesa come microconflittualità esistenziale, come dissonanza tra parte cognitiva e parte emotiva del Sé. L’aumentare dei livelli di ansia è caratterizzato da numerose modificazioni a più livelli In un ansia abnorme si riscontra una diminuzione del controllo della corteccia corticale; aumentano del 100% le onde cerebrali dai ritmi lenti; si intensificano le attività mnemoniche, nel senso di confronto tormentoso tra situazioni attuali difficili, non compiute, e un passato rimpianto che però non potrà tornare più. In condizioni patologiche più avanzate, l’ansia comporta una partecipazione emotiva drammatica ed esagerata, con una prevalenza ossessiva di preoccupazioni e paure. Estremamente varie e numerose sono le manifestazioni somatiche e le modificazioni della fisiologia dell’organismo dovute all’ansia. Si va da un senso tipico e angosciante di oppressione al torace, a dolori e vuoto allo stomaco; da tachicardie ed extrasistole a fitte acute e improvvise agli arti. Frequenti sono le cefalee, le vertigini, le nausee, gli squilibri ormonali, le dismenorree. Molto diffusi sono i disturbi della concentrazione, stanchezza e prostrazione, nausee, senso di svenimento, crolli vagotonici, dolori muscolari. Intenso è il senso di irrequietezza fisica, soprattutto nelle gambe. A volte compaiono “correnti fluide”, come dei languori mortali, che scendono giù verso il basso; o vampate di calore verso l’alto. Lo stato di simpaticotonia prevalente produce, oltre ad un battito cardiaco sempre accelerato, sudorazione, bocca asciutta, estremità fredde. Non infrequenti sono i tremolii, sia di alcune parti del corpo sia interni, “gelatinosi”, come una vibrazione che può produrre un terremoto nel corpo e dissolverlo. In modo particolarmente allarmante vengono avvertiti formicolii, parestesie e “addormentamenti”, movimenti involontari dei muscoli, come clonismi e fascicolazioni, specie se ripetitivi (tipiche le fascicolazioni dei muscoli del contorno oculare, soprattutto quelli della palpebra inferiore). Un dato indicativo ed estremamente interessante emerge dalle esperienze e dalle ricerche condotte negli ultimi 10 anni dalla psicoterapia funzionale. Quasi sempre, quando si riesce a raggiungere quella che definiamo una “condizione regressiva profonda”, attraverso metodologie caratteristiche e particolari che riguardano principalmente la respirazione e la modificazione muscolare i pazienti avvertono sensazioni molto simili ad alcune (ben determinate) di queste percezioni alterate dovute all’ansia, avvertite però in seduta come non allarmanti, benefiche, trasformative. E questo è un segnale evidente che in terapia funzionale si toccano meccanismi profondi, appartenenti a diversi livelli biologici e fisiologici, che sono comunque interessati dai fenomeni di ansia e di stress, e che appartengono ai piani intermedi tra micro e macro. Possiamo anche dire che nell’ansia si manifesta in ogni modo una certa “vitalità”, si verificano esplosioni incontrollate fisiologiche, nelle quali funzioni del nucleo originario profondo, seppure in maniera alterata e paurosa, emergono in superficie non più bloccate e sepolte. E’ interessante notare, a tal proposito, come l’ansia sia un processo funzionale spesso confuso e mescolato con l’eccitazione sia per l’attivazione di circuiti neurofisiologici ed endocrini contigui o identici, sia per la coommistione che tra queste due attivazioni fisiologiche spesso si crea nella storia evolutiva dell’individuo, sin dall’infanzia. Questo spiega bene il perché la ricerca di situazioni ansiogene, di films ansiogeni, la febbre ansiogena del gioco d’azzardo, siano così diffuse. L’ansia è divenuta per tali soggetti un sueccedaneo dell’eccitazione, un tentativo disperato di cercare una sensazione che in qualche modo “tiri su”, dia una sferzata di vitalità, altrimenti offuscata e intorpidita dalle alterazioni funzionali del Sé.

Resta infine da sottolineare quanto vasta sia la categoria dei disturbi che, oltre a quelli somatici prima analizzati, vengono ufficialmente inquadrati oggi come disturbi d’ansia. Tra questi sono infatti inclusi: nevrosi fobiche (agorafobia, fobie sociali, claustrofobia); nevrosi d’ansia (panico, ansia generalizzata); nevrosi osessivo-compulsive; attesa apprensiva (timori, preoccupazione, rimuginazione); senso continuo di allarme distraibilità, difficoltà di concentrazione; insonnia, irritabilità, impazienza, e così via L’ampiezza di questa elencazione ci dice molto sull’importanza e sull’estensione del fenomeno.

Diagramma funzionale dell’ansia: Il modello e la teoria funzionali del Sé ci permettono di inquadrare gli aspetti dell’ansia, attraverso una visione d’insieme che permetta di tener presente i vari livelli su cui si manifestano alterazioni e modificazioni.

I movimenti sono limitati e stereotipati, facilmente bruschi e a scatti. Mancano in genere quelli morbidi, quelli ampi, quelli forti ma calmi Nelle situazioni di ansia diventano pesanti i compiti e le incombenze; le scelte e le soluzioni sembrano divenire difficilissime. Ciò appare pie comprensibile alla luce del quadro prima tracciato: le fantasie divengono staccate e terrifiche, e non riescono ad assolvere alla funzione di immaginare il futuro in modo progettuale, poiché non sono supportate da un piano logico-cognitivo adeguato, da percezioni chiare e intense degli avvenimenti e dell’ambiente esterno, e da ricordi che costituiscano un bagaglio utile e indicativo. I ricordi, invece, vengono vissuti con dolore e struggimento. Guardare ai possibili movimenti da fare, studiarne le conseguenze, modificare e aggiustare con l’immaginazione gli accadimenti futuri, sì da progettarli nel modo migliore per gli obbiettivi che ci si è posti, produce un’insopportabile senso di incertezza sul da farsi, come se in navigazione notturna o con nebbia si fosse privi dello strumento indispensabile del radar. Anche l’attesa, perciò, diviene dolorosa e angosciante, e tutta l’ossatura del tempo sembra schiacciarsi e appiattirsi in un presente oppresso da fantasmi del passato, buio e senza futuro, o meglio con un futuro che è catastrofico perché è tutto presente nell’attuale, come se la “fine” incombesse vicinissima (la morte, la vecchiaia o la disgregazione). Contrariamente a quanto si potrebbe credere, il soggetto ansioso è solo apparentemente una persona lucidamente vigile; in realtà è piuttosto un agitato, continuamente in tensione e in ipercontrollo, offuscato da confusione e annebbiamento. Di notte soffre d’insonnia, di giorno ha tensioni e simpaticotonia con frequenti crolli troppo bruschi al vago, e con conseguenti cali di vitalità e di attenzione. Anche nell’eccitazione, come dicevamo, e specificatamente nella sessualità, si ha dapprima una crescita dell’attivazione del sistema simpatico, e solo successivamente, dopo l’acme, una discesa in una condizione di vagotonia; ma queste modiflca4ioni sono morbide e graduali, e non brusche e violente. La condizione vagotonica, dopo un buon rapporto sessuale, è allora di rilassamento naturale, caratterizzata da un senso benefico di caldo che si diffonde in tutto il corpo sia nelle estremità (piedi e mani), da una piacevole stanchezza, da un gradevole allentamento del controllo e della vigilanza La presenza di tristezza e di depressione, che un certo tipo di letteratura (anche della classica antichità) attribuisce alle sensazioni e al vissuto “post coitum”, si spiega solo alla luce della commistione già citata tra ansia ed eccitazione, dove la improvvisa mancanza di queste (dopo l’acme) si traduce in un malessere peggiore, fatto di mancanza di senso di vitalità.

Lo Stress

Stress ed ansia sono fenomeni profondamente interconnessi; ma mentre l’ansia è una condizione patologica d’attesa, con colorazioni emotive alterate, e dà luogo ad una serie di disturbi molto ampia, ad un quadro clinico di alterazione complessiva del Sé, lo stress è una risposta dell’intero organismo ad una spinta, ad una serie di stimoli soprattutto esterni che lo pongono in allarme, e che possono costituire piccoli o grandi traumi psico-fisici. Lo stress acuto innesca funzionamenti e meccanismi tesi a mettere la persona in grado di affrontare la situazione, rispondere efficacemente agli stimoli, le emergenze, i pericoli. I momenti successivi all’iniziale sono caratterizzati da attivazioni differenti dell’organismo (studiate da numerosi autori, da Selye in avanti), che seguono alla condizione di primo shock, ma nelle quali comunque sono interessati f fondamentalmente il sistema neurovegetativo e quello neuroendocrino, con la liberazione di numerose sostanze neurotrasmettitrici o neuromodulatrici, a livello sia centrale che periferico. Ognuna di queste attivazioni ha il suo preciso compito nell’obiettivo complessivo di rendere la persona in grado di aumentare la capacità di comprensione e concentrazione, di decidere con grande rapidità, di mettere i muscoli in condizione di muoversi subitaneamente (per attaccare, difendersi, fuggire), da avere a disposizione l’energia adatta ad agire, e così via. In tal senso lo stress acuto rappresenta una condizione particolare, ma normale, di funzionamento della persona; è per questo che viene definito “benefico”, per la sua capacità di tenere allenati dei meccanismi fondamentali per la conservazione e lo sviluppo della vita. I problemi subentrano quando Io stress si trasforma in cronico, cioè permanentemente attivato, anche se all’esterno non vi sono condizioni reali di pericolo, di allarme odi necessità di forte attenzione e concentrazione. Si parla in questo caso di stimoli fantasma, stimoli che sono totalmente endogeni. L’organismo continua a comportarsi come se ci fosse una reale condizione d’urto, continua a risponder, producendo allarme e attivazione dei i meccanismi di stress. La domanda fondamentale è allora: come Io stress diviene cronico? Quali sono i meccanismi ed i processi che lo continuano a mantenere, anche quando gli stimoli reali non ci sono? Rispondere a queste domande significa arrivare alla comprensione profonda dei processi dello stress, poter intervenire sudi essi, curarli ed invertirli, e, non ultimo, poter realizzare provvedimenti preventivi di piena efficacia. Ma per rispondere bisogna estendere le indagini a tutti i piani intermedi; che collegano il macro al macro. Il fenomeno stesso dello stress, infatti, è un esempio ditale collegamento, poiché alcune delle cause clic influiscono sui sistemi profondi ed interni (del neurovegetativo, del cardiocircolatorio, dell’ormonale, giù giù sino all’immunologico e al microcellulare), sono chiaramente appartenenti a vari piani del continuum, spesso spostate verso il livello del macro, e perciò accessibili alla nostra osservazione Percezione di attacchi o della presenza di pericoli esterni; frustrazioni sul lavoro o mancanza di gratificazioni percepite come adeguate (all’età, alle aspettative, all’importanza dei compiti svolti); delusioni amorose e amarezze; senso di ingiustizie subite; perdite di affetti cari; eccessive responsabilità e concentrazioni di compiti: sono altrettante cause di stress (inteso, come comunemente si usa, nel senso di “cronico”; così come lo useremo nel prosieguo di quest’articolo). Ma nessuna di queste può essere da sola causa di stress, se non vi sia, insieme, ma percezione di inadeguatezza alla situazione esterna, e soprattutto una condizione già alterata (anche se incontrollata e inconsapevole) dei piani intermedi del continuum micro-macro, o,in altri termini, delle aree del fisiologico e del posturale-muscolare della visione funzionale del Sé. Ciò che accade è che si innescano condizioni di cortocircuito, funzionamenti cioè automatici, che continuano mantenere condizioni di stress. Più queste alterazioni sono in fase avanzata, più bassa è la soglia oltre la quale condizioni esterne reali innescano risposte di stress irreversibile. Non sono dunque né la quantità di lavoro, di dispiaceri, di pencoli, né il solo perdurare degli stimoli, a produrre lo stress sono piuttosto le condizioni qualitative interne, le condizioni di alterazione della configurazione complessiva del Sé a renderlo cronico e irreversibile.

Gli effetti della terapia funzionale

E’ possibile modificare ed invertire situazioni di stress cronico? Man mano che le esperienze sulla psicoterapia funzionale procedevano, colpiva il fatto che, già dopo poche sedute, molti dei classici sintomi dell’ansia tendevano a ridursi drasticamente. Ci accorgevamo che, lavorando sulla respirazione, stalla muscolatura profonda, sulla postura, e soprattutto sulla riconnessione di differenti aspetti funzionali del Sé, riuscivamo ad intervenire su una discreta parte delle complesse catene e dei processi che conducono dal macro al micro. Le modificazioni che si possono ottenere nel livello del fisiologico (una delle aree in cui il modello funzionale suddivide i processi del Sé) sono estremamente significative temperatura corporea, battito cardiaco, sudorazione, tensioni e dolenzie, coloritura ed eruzioni della pelle, ciclo mestruale, processi osmotici, ritenzione dei liquidi, e cosa via. Tecniche di rilassamento tradizionali, come il Training autogeno, il Biofeedback, ecc., non sono sufficienti, perché si basano in gran parte sulla volontà e sulla 9onsapevolez.za. Ora, quando c’è una notevole scissione tra questo livello e le altre aree del Sé (e normalmente in condizioni di stress c’è), non è possibile attraverso questi metodi raggiungere gli stessi risultati che si delineavano con la terapia funzionale, perciò il piano del fisiologico e del muscolare sono cortocircuitati su sé stessi, nella cronicizzazione dello stress. Il tono muscolare, le stereotipie delle posizioni del corpo, il modo di respirare, diventino funzioni quasi dei tutto distaccate, e continuano a ripercorrere le medesime modalità indipendentemente dalla volontà e dal resto dei livelli del Sé. La scoperta estremamente importante della Psicoterapia Funzionale consiste nell’aver individuato i meccanismi profondi che trasformano lo stress da acuto in cronico, che mantengono elevato il grado generale di simpaticotonia, che costringono il fisiologico a continuare a funzionare in stato di stress. Lo stress si cronicizza attraverso questo ancoramento sul piano posturale-muscolare e sul piano fisiologico. Le funzioni della respirazione, del tono muscolare di base, delle posture e dei movimenti cadono in una condizione di cortocircuitazione su se stesse, e costituiscono gli stimoli endogeni fantasma che alimentano senza sosta uno stato di stress più o meno intenso, rendendo comunque l’organismo estremamente fragile nei confronti di altri agenti stressanti di tipo esterno. Lo stato di stress così mantenuto, poi, alimenta a sua volta le sconnessioni con l’area del cognitivo e le alterazioni delle fantasie e dell’immaginazione, aggravando le condizioni preesistenti. Le emozioni hanno sempre minori possibi1ità di esprimersi direttamente attraverso movimenti e posture adeguate, e così complesse e soffocate, si traducono direttamente e drammaticamente in alterazioni e disturbi fisiologici.

I fattori generali di regolazione

Tutto ciò ci conduce alla scoperta di processi funzionali che in qualche misura sono una chiave per il funzionamento dell’organismo e per i meccanismi dello stress. Questi processi funzionali centrali rappresentano altrettanti fattori generali di regolazione, intervenendo sui quali è possibile accedere dall’esterno anche a gran parte degli altri piani della sequenza macro-micro. Una della conferme che se ne deducono (peraltro già ipotizzata anche attraverso altri studi) è che non c è solo un,a via corticale-viscerale, come si era sempre creduto, ma anche (e non meno importante) una via muscolare-viscerale. D’altra patto è già stato provato come l’intero e complesso quadro di sostanze neuromodulatrici sia regolato, nel suo insieme, dalle condizioni dell’SNV (Sistema Neurevegetativo); mentre le esperienze di Psicoterapia Funzionale hanno a loro volta dimostrato che agendo in un ben determinato e particolare modo sulla respirazione e sulla struttura muscolare dell’organismo, si è in grado di influire profondamente sull’equilibrio dell’SNV. Le ricerche dei fattori di regolazione sono estremamente attuali, sia nella biologia, sia negli studi psicobiologici. L’importanza della scoperta di questi tre fattori, da parte della psicoterapia funzionale (respirazione diaframmatica originaria – tono muscolare di base – allentamento delle posture) consiste nell’aver individuato elementi facilmente accessibili dall’esterno, e dunque nell’aver aperto una strada estremamente fertile e ricca di prospettive. A differenza delle ricerche di biologia, in questo caso non si tratta di una scoperta di fattori genetici (peraltro estremamente delicati e difficili da raggiungere). ma di fattori fisiologici, muscolari e posturali. di ben più facile accesso. Attraverso i fattori di regolazione è possibile non solo studiare su più livelli i meccanismi dello stress, ma soprattutto riuscire ad intervenire per modificarli efficacemente e profondamente. Si tratta di arrivare a interrompere i cortocircuiti che si sono formati e allentare il controllo automatico e ripetitivo; ma anche di permettere al mondo emozionale di aprirsi ed esprimersi, di trasformare i filtri corticali, di smuovere le rigidità e l’immobilità, di evitare il perdurare di una pericolosa e stratificata tendenza a trattenere.

L’importanza della respirazione

Tra i fattori di regolazione generale, uno dei primi a dover essere ulteriormente studiato, nel progetto antistress. per la sua importanza è senza dubbio quello della respirazione diaframmatica originaria profonda; un tipo di respirazione che le persone hanno, sia dall’inizio, in condizioni di non allarme. di serenità, di benessere, e che spesso perdono per effetto di alterazioni del fisiologico, e dell’intero quadro del Sé. Quando viene reinstaurata questa respirazione durante una seduta di terapia funzionale, la frequenza del battito cardiaco scende, sempre, e notevolmente. A tal proposito si può notare come gli effetti di un drastico abbassamento della frequenza cardiaca si producono non solo nel caso di persone con una lunga terapia alle spalle. ma anche dopo non molte sedute dall’inizio del trattamento. Un altro elemento importante che si rileva è che, alla fine di una seduta nella quale si raggiunga uno stato profondo di benessere (attraverso fondamentalmente la respirazione originaria diaframmatica), si ha sempre un abbassamento della frequenza cardiaca, una diminuzione della sudorazione, e un innalzamento della temperatura periferica. Ciò sembra dimostrare che attraverso la terapia funzionale e la respirazione diaframmatici si riesca, infine, sempre a realizzare modificazioni che da uno stato più o meno simpaticotonico vanno verso uno stato con prevalenza vagotonica. Questo effetto di allentamento verso la vagotonia è osservabile sia direttamente (tramite la lettura degli indicatori del sistema neurovegetativo), sia attraverso le sensazioni del soggetto, di ammorbidimento, di tranquillità, di benessere, sia infine tramite le percezioni del terapeuta, che vede nel paziente letteralmente modificarsi e spianarsi i tratti del volto, fermarsi i movimenti di agitazione, allentarsi tensioni e rigidità.