Luciano Rispoli psicoterapeuta: Teatro Cultura e Rivoluzione.

in “Quaderni Reichiani n. 4”, Napoli, 1974.

Luciano Rispoli, nei “Quaderno Reichiani” n.4, recensisce il libro “storia di fatti e di idee” della comunità comuna baires, che chiarisce come il sistema capi­talista attui e giustifichi la repressione, lo sfruttamento, la spolia­zione tramite la sovrastruttura.


luciano rispoli psicoterapeuta teatro

Chiunque abbia vissuto un’esperienza teatrale rivoluzionaria, si sarà certamente sentito, come me, scivolare sull’indifferenza ghiacciata di tutti gli spettatori che non vogliono comprendere, e che si trincerano dietro l’alibi della finzione scenica. Allora sogna. nei momenti di sconforto, linguaggi teatrali e mezzi che, come flauti magici, possano coinvolgere lo spettatore in un delirio di emo­zioni tale che sia pronto a rientrare nel mondo per realizzare il messaggio ricevuto: prendere coscienza dello sfruttamento, unirsi e lottare col pugno chiuso contro il padrone per un mondo nuovo di libertà e di amore. Ma chi legge un libro come quello della Comuna Baires ritorna alla realtà per realizzare quel sogno con speranze desideri e slanci rinnovati. La Comuna Baires: una comunità di Buenos Aires che vive e lavora con un laboratorio teatrale, con uno per mezzi audiovisivi, con uno di marionette; che stampa importanti riviste sul teatro e sugli altri mezzi di comunicazione; che è venuta questo inverno a confrontarsi con la realtà politica e culturale italiana. Un gruppo che è riuscito a integrare ciò che sente con le proprie idee, e la propria vita con la lotta rivoluzionaria; procedendo per gradi, per esperienze, per crisi affrontate e superate. Con la propria esperienza di lotta la Comuna Baires ha dato la migliore dimostrazione alla propria affermazione secondo cui la ri­voluzione culturale, la lotta nella sovrastruttura, ha la stessa im­portanza della lotta politico-economica in senso stretto. La Comuna è riuscita a creare, infatti, un movimento di interessi enorme, non­ché un gruppo che le gravita intorno di circa 40.000 persone; e se non bastasse, la sua importanza politica è dimostrata dalla repres­sione cui è stata oggetto.

Il libro, storia difatti e di idee, chiarisce come il sistema capi­talista attui e giustifichi la repressione, lo sfruttamento, la spolia­zione tramite proprio la sovrastruttura: specie i mezzi di comuni­cazione di massa. «Da un punto dì vista rivoluzionario sottovalutare il campo sovrastrutturale significa sottovalutare il ruolo determinante della cultura, significa non aver capito il valore soggettivo e oggettivo che, in un processo rivoluzionario, ha la divulgazione dell’ideologia rivoluzionaria nel campo della cultura e dell’arte, la battaglia delle idee ». Il militante culturale, invece, è sempre considerato in secondo piano rispetto a quello politico, di base. Questo è un errore dei par­titi di massa. La cultura borghese, ancora così viva da recuperare molti mo­menti rivoluzionari, va combattuta con un’arte e una cultura rivo­luzionarie, anche perché nell’arte si possono trovare le possibilità di liberazione dall’alienazione.

La Comuna Baires sostiene l’arte come arma di lotta; arte rivoluzionarci che non può nascere dopo il mutamento delle strutture economiche in quanto la rivoluzione è già cominciata e si attua giorno per giorno. Oggi e non nel futuro. Il tempo futuro è oggi, la rivoluzione è oggi, la completezza di apporto dell’uomo di cultura e dell’artista è oggi ed è qui, con il suo lavoro specifico, con i suoi rapporti, con il suo modo di vivere. L’arte borghese è idealismo, separazione forma-contenuto, for­malismo. Non la si combatte con l’arte pseudo-rivoluzionaria fatta ancora di separazione forma-contenuto e di interesse unico e osses­sivo per i contenuti. Basta con la retorica dell’«operaismo», con il linguaggio didascalico e noioso, con la mancanza di creatività. Basta con i sensi di colpa indotti nei militanti culturali dalla con­cezione falsamente rivoluzionaria che tutte le altre attività cultu­rali non operaiste sono borghesi. Come si arriva a una cultura e a un teatro rivoluzionari? Innanzitutto rifiutando gli spontaneismi: preparazione, capacità tecnica, livello ideologico sono i requisiti minimi nel campo dell’arte. Poi raggiungendo l’indipendenza economica per avere com­pleta libertà di scelta. L’indipendenza è necessaria anche dai par­titi e organizzazioni di sinistra; infatti la strategia è comune, ma ciascun campo autogestisce le proprie tattiche. E per penetrare nella corazza dello scetticismo degli spettatori? Dare ad essi la spinta a rendersi protagonisti di un momento di riflessione, di analisi, di comprensione. Niente spettacoli didasca­lici, belli e fatti e noiosi. Usare sia l’emotività che il raziocinio in modo rivoluzionario poiché l’uomo è un tutt’uno. Ma soprattutto bisogna che l’uomo di teatro rivoluzioni se stesso in tutti i suoi rapporti realizzando un’unità tra idee e prassi: sentire da rivoluzionari. Ciò si realizza anche rifiutando « l’attore »nel senso di uno che finge; bisogna vivere i propri problemi anche sulla scena, conoscere se stessi e oggettivare il proprio mondo interiore.

Così si coinvolge in un atto creativo, non razionale, emotivamente e psicofisicamente, lo spettatore. Lo si costringe ad indagare il suo comportamento quotidiano, e a mettere in crisi i suoi valori. Questo perché gli si chiede, finalmente, di partecipare come uomo; ed egli si sentirà uomo come colui che lo avrà coinvolto. Non sono vuote parole: basti pensare alla vera origine del teatro. Essa non coincide con il teatro ellenico, «di autore», come vorrebbe la concezione borghese del teatro, ma si colloca prima della nascita della storia come la intende la società patriarcale e capitalista (Erodoto). Il  teatro nasce come fatto immaginativo, come espressione di emozioni vitali attraverso gesti e suoni, in un linguaggio creativo e non razionale. Nasce come cerimonia, cioè come festa propizia­toria attraverso cui le comunità primitive si preparano e si interes­sano alla loro vita agraria e affettiva. Nasce, in particolare, come cerimonia dell’amore che, preparata durante i 9 mesi invernali, si svolge durante tutta la primavera, nell’esplosione vitale di ragazzi e ragazze che entrano nella pubertà, in una festa di gioia e dì vita; tutti nella comunità partecipano alla cerimonia perché tramite essa si incontra l’amore e si realizza la procreazione. E’ riflettendo sul significato profondo di quest’alba teatrale che ci sentiamo ancor più vicini a ciò che i compagni di Comuna Baires hanno realizzato e alle loro parole: «Non ci piace sentire nessuna frase in più. Non parliamo. Apriamo solchi perché il seme molti­plichi fiori all’infinito ».