Luciano Rispoli psicologo: Considerazioni sul ruolo “tecnico” dello psicologo.

in “Quaderni Reichiani n. 8” , Napoli, 1976.

L’articolo di Luciano Rispoli prende spunto dal dibattito aperto da Minguzzi nella rivista Psicologia Contemporanea, appunto sul ruolo dello psicologo.


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Tralasciando di esaminare il significato di tale pubblicazione, che abbiamo già recensito sul n. 7 dei Quaderni Reichiani, questo articolo si propone di dare una inquadratura teorico-generale all’argomento, per chiarire una serie di sfasature e di mistificazioni presenti negli interventi al dibattito su Psicologia Contemporanea.

Ed è questa necessità di chiarezza dello psicologo non si risparmiano analisi politiche globali con un indirizzo di classe ben definito, a politica che noi sottoscriviamo pienamente e clic, insieme agli autori, contrapponiamo a discorsi ambigui. Se, infatti, nel dibattito sul e con punte addirittura radicaleggianti, dall’altra si fa rientrare dalla finestra (o si appoggia coscientemente?) una visione tecnocentrica e tecnocratica al tempo stesso. Vale a dire che si vede il tecnico come momento fondamentale di trasformazione del sociale, non solo, ma anche come colui che, avendo (giustamente) i mezzi e la conoscenza, si pone come mediatore e risolutore di conflitti e di contraddizioni: naturalmente, per una società migliore.

Era importante, quindi, che si rispondesse (come si fa del resto già (la più parti) e si chiarisse il potere del tecnico, il rapporto con gli utenti, il problema della settorializzazione della scienza e della tecnica nella nostra società, la necessità di agganciare i problemi specifici ad una realtà di lotta complessiva, le generalizzazione degli interventi, la scomparsa del tecnico riassorbito dalla comunità come obiettivo a lunga scadenza.

In tal senso pubblichiamo questo breve scritto, le cui linee di massima noi condividiamo pienamente. Purtuttavia ci preme soffermarci su alcune considerazioni per chiarire meglio il nostro pensiero e quanto ci accomuna e ci diversifica dagli autori.

E’ necessario porre di più l’accento su obbiettivi a breve termine per dare sbocchi operativi concreti alle funzioni del tecnico in un processo di trasformazione sociale. Per noi, infatti, non va confuso il piano di un obbiettivo a lunga scadenza con l’illusione che abbia senso attualmente « negare il ruolo del tecnico » o proporre l’uso delle « non tecniche ». A parte la considerazione che anche una risposta del genere all’utenza rappresenta pur sempre una tecnica, resta il fatto che, secondo noi, questa posizione lascia campo libero al tecnico e alle tecniche chiaramente o subdolamente manipolatorie, lascia campo libero alla elaborazione della scienza borghese.

Riteniamo perciò fondamentale partire dallo specifico, e socializzare l’insieme dei bisogni, delle esigenze, dei problemi di rapporto, dei condizionamenti culturali, delle necessità di espressione, delle capacità di soddisfazione.

La socializzazione del « sintomo», cioè del disagio e della richiesta espressi ed inespressi della comunità, si collega direttamente alla socializzazione delle conoscenze da parte del tecnico. Questo processo non è generato da una buona volontà del tecnico stesso, ma dai rapporti di forza della classe lavoratrice, dell’utenza, nei confronti della classe dominante, e dal punto di consapevolezza e di desiderio cosciente di autogestione delle masse. Si tratta di rifiutare la delega al tecnico e assumere in prima persona la gestione dei servizi sociali e delle loro metodologie. Ma si tratta, ai tempo stesso, di rompere quello spazio finora ritenuto rigorosamente privato, regno personale che nessuno poteva mettere in discussione, ma sul quale, in effetti, agivano massicciamente l’ ideologia dominante e i valori borghesi attraverso l’istituzione della famiglia, prima, e della scuola dopo.

 Un grosso contributo di analisi e di indicazione ad operare in questi due densi ci viene da Reich, a proposito del gregarismo, della deresponsabilizzazione, della possessività, dell’individualismo presenti nella struttura dei carattere e della personalità della maggior parte delle persone.

Sviluppare questi indirizzi di intervento, collegare nella teoria e nella prassi il livello personale e politico, è la linea di tendenza del Centro Reich. In essa, anche se ancora molto c’è da dire a proposito, il tecnico non è soggetto passivo di un processo storico aprioristicamente determinato, ma è uomo politico in senso marxiano, egli stesso parte, in prima persona e in stretto collegamento con le avanguardie e con il movimento stesso, di una trasformazione sociale clic sconvolge la sua stessa funzione e il suo stesso ruolo.