Luciano Rispoli psicologo: Verso il II° Congresso Internazionale di Psicoterapia Corporea.

in “Quaderni della Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale Corporea” – Napoli, 1988.

Nel corso del Congresso devono comparire innovazioni teoriche, purché collegate a modelli teorici di riferimento e so­prattutto alle ricerche più recenti in questo ambito. Per quanto sta ancora in atto questo processo di defini­zione dell’aree della Psicoterapia corporea, tentiamo di ana­lizzare sinteticamente i principi generali che secondo le nostre teorizzazioni potrebbero iniziare a confluirvi.


CONSIDERAZIONI GENERALI.

Lo spirito generale che deve muovere l’organizzazione e la realizzazione dei Congressi Internazionali di Psicoterapia corporea è quello di un impulso verso una crescita scientifi­ca tecnica e teorica di tutti coloro che operano e ricercano in questo campo. Un congresso è un incontro periodico inserito in una li­nee di sviluppo e ha una tendenza culturale verso tappe ed obbiettivi via via più profondi ma anche più presenti nella realtà sociale, politica e scientifica circostante. I criteri con cui invitare i partecipanti al Congresso risiedono nella capacità crescente di definire un’area teori­ca e scientifica ampia, ma chiaramente precisata nelle sue formulazioni e nei suoi modelli. In tal senso i principi si definiscono via via in una con dizione processuale e non una volta per tutte, così come il dibattito che si sviluppa su di essi deve rappresentare non un motivo di chiusa e ottusa selezione, ma di spinta potente al miglioramento, all’approfondimento, alla serietà di Istituti e strutture coinvolti nello “Psicocorporeo”. Possiamo pensare ed un nucleo costituito de un corpus teorico portante in continua crescita e definizione e ad una serie di strutture che si collocano o chiaramente al suo interno (pur con le diversità necessarie) o ad esso connesse solo perifericamente. Questa configurazione andrà man mano modificando si poiché sempre più chiaramente saranno definiti i confini tra questi due versanti, e di conseguenza sempre più saranno possibili i contatti e le osmosi senza timori di contaminazioni o svilimenti. Il Congresso è del resto definito come Congresso di Psicoterapia corporea, cioè come punto sui passi svolti nell’ambito di Modelli teorici completi, di Teorie della personalità, che vanno distinti dalla semplice applicazione di tecni­che. Nel Congresso possono e devono comparire innovazioni teoriche, purché collegate a modelli teorici di riferimento e so­prattutto alle ricerche più recenti in questo ambito. Per quanto sta ancora in atto questo processo di defini­zione dell’aree della Psicoterapia corporea, tentiamo di ana­lizzare sinteticamente i principi generali che secondo le nostre teorizzazioni potrebbero iniziare a confluirvi.

1)   Si tratta di un corpus teorico che sta per origine che per continuità si pone nel campo più ampio delle psicoterapie e che quindi deve intensificare e non perdere i legami con la Psicologia clinica e con la Psicologia scientifica e sperimentale.

2)   Come tutte le altre Grandi Aree Teoriche della Psicologia clinica, anche la Psicoterapia corporea deve riferirsi ad una teorie complessa come ipotesi di strutturazione dell’intera personalità. In tal senso deve includere al suo interno una Teoria dell’età evolutiva, un Modello di personalità, una Teoria della genesi dei disturbi, una Metodologia diagnostica e terapeutica.

3)   Questo corpus teorico deve poter utilizzare, oltre ai da­ti provenienti dalla Psicologia stessa, anche i risultati che afferiscono da altre discipline scientifiche, e non essere quanto meno in contraddizione con questi ultimi.

4)   Le proposizioni devono poter essere soggette a verifica (anche se non in senso sperimentale classico) e la metodo logia usata nelle ricerche deve collocarsi in modo netto nell’ambito del metodo scientifico nel senso epistemologicamente più recente del termine (complessità, falsificabilità, ecc.).

5)   La parte evolutiva, la teoria della personalità, l’eziologia dei disturbi e la cura devono integrerai e sostenersi in un modello unitario e non contraddittorio.

6)   La pratica della psicoterapia in particolare deve riferirsi. alla teoria generale e contenere chiaramente i fattori e gli elementi del cambiamento e quindi la strutturazione che avalla il processo terapeutico.

7)   Il processo psicoterapeutico, proprio in quanto tale, deve avere un filo conduttore preciso, deve partire dall’anali si e dalle ipotesi di cosa è successo per poi poter intervenire non a caso. Inoltre si base interamente sulla re­lazione con un’altra persona, relazione che deve avere un iter completo, con fasi che vengono via via attraversate sino allo scioglimento della relazione stessa, trasformatasi in un rapporto che non è più di sostegno, di cura, di aiuto, ma un rapporto di persona autonoma con un’altra per sona autonoma.

PSICOTERAPIA CORPOREA : PRINCIPI TEORICI DI BASE

Nell’ambito più specifico del nostro Modello di sviluppo, di personalità, di patologia e di cura possiamo estrapolare i seguenti Principi generali, che possono concorrere, insieme a quelli di altri modelli, ad un corpus teorico specifico e comune proprio della Psicoterapia corporea.

  1. a) PRINCIPI RIGUARDANTI IL MODELLO SULLA STRUTTURA DELLA PERSONALITA’.

TEORIA GENERALE.

1) Ipotesi di fondo di una Pulsione unitaria che muove il bambino verso l’espansione, verso la vita a tutti i livelli. Non si accetta il postulato di un Istinto di morte, ma si considerano le espressioni di negatività come estrinsecazione del disagio del bambino nel non venire accolto e accet­tato pienamente in tutte le sue esigenze.

2) In accordo con tutte le più recenti ricerche sull’infanzia si escludono fasi di vero narcisismo primario o di simbiosi totale. Si è verificato invece che sin nel neonato (o addirittura nel grembo materno) sono presenti capacità ed espressività (seppur rudimentali e non ancora complessificate) sia di tipo emotivo che ideativo, sia percettive che cognitive.

3) Vistone olistica dell’individuo, sin dall’infanzia, non nel senso vago di un tutto indistinto, ma in quello di una pre­senza di piani e aree funzionali ben precisati che sono profondamente interrelati tra loro sin dall’inizio. Integrazione primaria.

4) Concezione del corporeo che supera la bidimensionalità psiche—soma, allargata al di là della sola fisicità, inteso come un complesso sistema di funzioni e piani interagenti tra loro e con l’esterno. Interesse non solo per i gesti—segnale, o per i movimenti esterni, ma anche per la morfologia, i movimenti piccoli, quelli involontari, quelli interni fisiologici, e così via.

5) Aspetto relazionale che integra la concezione della pulsione, e che modifica il sistema complesso dell’essere umano sin dall’inizio.

6) Corporeo come struttura nella quale si stratifica la storia dell’individuo a tutti i suoi livelli, al di là di meccanicistiche corrispondenze tra alcune emozioni e determinati di­stretti corporei. Revisione della concezione classica di sviluppo per fasi libidiche e per prevalenza di zone erogene.

  1. b) PRINCIPI RIGUARDANTI LE ALTERAZIONI E L’INSORGERE DEI DISTURBI.

TEORIA PATOGENETICA.

1)   Alterazioni dell’integrazione Primaria dovuta all’impatto ne­gativo con l’ambiente. Conflitti che diventano interni.

2)   Alterazioni degli equilibri e del funzionamento di tutte le funzioni del sistema, connessi ai conflitti.

3)   Particolare attenzione alle modificazioni posturali, fisiologiche, muscolari, ma sempre in connessione agli altri piani funzionali

4)   Revisione del concetto classico di “blocchi” e di “anelli” rispetto al collegamento funzionale tra più zone corporee e alla fissità del tono muscolare.

5)   Caratterialità nel senso ampliato di complessa costellazio­ne di tutte le difese come alterazione della struttura originaria, specifica per la storia di ciascun individuo. Revisione della concezione di classificazione e tipologia fissa.

METODOLOGIE TERAPEUTICHE E DI INTERVENTO

TEORIA DELLA TECNICA.

1) Approccio che non si limiti mai al solo fisico, ma che inte­gri sempre al suo interno tutti i piani della relazione, non in senso accessorio, ma fondamentale (ricordi, emozioni, percezioni, ideazione, movimenti, ecc.). Lavoro terapeutico su tutti questi piani, per l’ipotesi di fondo che un cambiamento su di un piano non porta automaticamente cambiamenti stabili e profondi anche sugli altri livelli.

2) Processo terapeutico che si. basi sempre fondamentalmente sulla relazione col terapeuta, come strumento principale, e quindi con una sua linea precisa di sviluppo che deve svolgersi, modificarsi e concludersi sempre con la stessa persona, per far sì che si sciolgano i nodi profondi dei conflitti.

3) Utilizzazione del concetto di transfert (inteso come campo transferale e connesso anche al corporeo), come strumento per ana­lizzare e modificare la relazione.

4) Individuazione di strategie terapeutiche ben precise, anche nei vari approcci alla relazione e soprattutto nel campo corporeo più propriamente inteso (modi di procedere per distretti corpo­rei, ecc.). Individuazione ben delineata dei fattori di cambia mento. Non genericamente smuovere, far scaricare, fare sentire od esprimere emozioni, far esplodere, far accadere cose eclatanti, ma: come riorganizzare tutti gli elementi della relazio­ne e del vissuto.

5) Determinazione di fasi del processo terapeutico e di criteri di verifica per il passaggio da una fase all’altra. Modificazione delle strategie terapeutiche, dei ruoli e dell’agi re del terapeuta da una fase all’altra.

FORMULAZIONI TEORICHE DELLA PSICOTERAPIA CORPOREO-CARATTERIALE

1) Non modello bidimensionale psiche—soma, ma assunzione di un Sistema complesso di varie funzioni (Sé corporeo) originaria mente tutte presenti e integrate strettamente, suddivisibili in 4 grandi aree: a) Posturale, Morfologico, Muscolare

  1. b) Fisiologico (apparati e sistemi interni)
  2. c) Emotivo, Affettivo
  3. d) Cognitivo, Ideativo, Simbolico.

2) Nello sviluppo si complessificano le varie funzioni, aumentano Sfumature e coloriture, ma non si aggiungono né nuove strutture né nuove funzioni.

3) Concezione di un bambino sin dalla primissima infanzia forte­mente connesso e interagente col mondo circostante. Negazione di una vera fase di narcisismo primario e di simbiosi totale.

4) Pulsione unitaria del bambino verso l’espansione che si complessifica in più mete pulsionali (o direzioni). Carattere qualitativo (cioè direzionale) e non quantitativo della pulsione.

3) Aspetto relazionale come integrazione agli aspetti pulsionali, nella storia di interazione del sistema—bambino con il sistema—ambiente.

Radicalizzazione del disagio iniziale nel non accoglimento di tutte le mete pulsionali in reazioni di opposizione, rifiuto, odio, rabbia, ostilità, ecc. (“pulsioni” negative secondarie).

6) Alterazioni nel Sé corporeo dovute ad un impatto negativo con i ‘ambiente.

Scissioni tra le varie aree funzionali (o all’interno della singola area), irrigidimento delle funzioni, ipersviluppo o iposviluppo. Le scissioni non sono totali. Rimangono intera­zioni, ma profonde, distorte e sotterranee. Perciò un intervento solo su uno dei piani e dei processi non dà risultati stabili e profondi.

7) Carattere non come tipologia, ma come costellazione di alte­razioni del Sé, come riduzione di mobilità, di strategie, di strade. Carattere non alternativo al sintomo, ma come pro­cesso generale dl. alterazione del Sé corporeo, con compresenze di sintomi e di rimozione.

8) Concetto di Energia come insieme di movimenti, come possibi­lità di avere tutte le tonalità di una dimensione, come mobilità.

9) Corazza muscolare non come contrazione, me come fissità del tono di base muscolare.

Alterazione degli apparati fisiologici non in un sol senso, ma come limitazione della mobilità, o come variazioni brusche e non adatte alla situazione esterne (vedi specialmente neuro vegetativa).

10) Stratificazione degli esiti delle vicende relazionali in tutti i piani del Sé corporeo: percezioni, ricordi, emozioni, fisiologico, posturale.

In particolare non fasi. successive di sviluppo evolutivo con accentramento su una zona corporea, ma coinvolgimento in tutte le fasi di quelle parti del corpo coinvolte a esprimere, reprimere, modificare le varie condizioni relazionali—emozionali. Non corrispondenze di parti del corpo con determina­te emozioni né tipologie basate su questi concetti, ma stratificazione emozionale nei distretti corporei.

11) Terapia basata sulla regressione ad aree profonde attraverso i piani funzionali meno irrigiditi e meno connessi al falso Sé. Regressione in aree profonde dove le funzioni sono ancora integrate.

12) Allargamento dell’integrazione alle aree vicine. Riconnessione delle varie funzioni e processi lenta, paziente e graduale. Non “smuovere”, né scoppi, né crisi eclatanti.

13) Ristrutturazione su tutti i piani funzionali e riequilibratura delle aree.

14) Mobilizzazione ed estensione di tutte le ampiezze dimensionali.

15) Fasi successive di terapia con variazioni dei ruoli e dell’a­gire del terapeuta da una fase all’altra.

16) Campo transferale ampliato alle altre funzioni del Sé corporeo. Dilatazione del campo transferale, attraversamento e sciogli­mento di successivi transfert negativi.

Storie con il terapeuta come relazione che va modificandosi.

17) Tecniche terapeutiche che si adeguano alla stratificazione, alla ricostruzione, al modello di personalità. Mobilità della posizione del paziente e modularità della di­stanza tre terapeuta e paziente.

Procedere in modo non fisso, ma dai punti chiave, attraverso 1. distretti corporei funzionalmente contigui.

18) Respirazione come diagnosi del distretto corporeo in questio­ne e di altri distretti, e come terapia.

Respirazione diaframmatica profonda bassa e non forzata.