Luciano Rispoli psicoterapeuta: Introduzione Psicologia clinica.

Ed. SIPs, S.Marino 1991.

Luciano Rispoli propone un progetto che ha l’obbiettivo di coinvolgere nella formazione tutti i poli della ricerca e della pratica (Università, Scuole di formazione. Servizi territoriali); ma soprattutto quello di rispettare e salvaguardare quelle realtà che hanno contribuito a far avanzare la disciplina della psicologia clinica e della psicoterapia


Introduzione

La storia della psicologia clinica e della psicoterapia ha radici complesse e ramificate, tappe e fasi differenti e significative. Una prima considerazione di fondo è che la cultura psicologico-clinica non è, e non è stata, unitaria: si è sviluppata attraverso modelli interpretativi plurimi. Un secondo postulato di fondo è che tali approcci teorici non sono tra di loro sconnessi, ma profondamente collegati da un percorso di sviluppo che, pur avendo intrapreso rami differenziati, è sostanzialmente unitario. In tal senso l’arcipelago delle tecniche e delle innumerevoli metodologie va visto solo come laboratorio di sperimentazione, e perciò ben distinto da modelli teorici generali e complessivi. Se mettiamo in atto una ricognizione dell’esistente, con una visione d’insieme, riscontreremo alla fine non più di una decina di modelli teorici completi, comprensivi, cioè di un modello evolutivo, di una teoria di personalità, di un’ipotesi eziopatogenetica, di una metodologia generale diagnostica e curativa. Le singole tecniche non possono considerarsi processi terapeutici completi, poiché non sono in grado di surrogare strategie generali, ma si possono solo collocare al loro interno, essere uno strumento al loro servizio, al servizio di modelli teorici complessivi. Esistono molteplici esperienze terapeutiche nella nostra vita, ma altra cosa è un processo terapeutico. Un processo terapeutico è un iter completo, un ben definito percorso di sviluppo, e per tale motivo non può essere portato a termine al di fuori di un modello teorico generale che lo guidi. Le tecniche sono dunque singoli frammenti di un percorso complessivo, o, in altri termini, singole esperienze terapeutiche, ma non processo completo. Non a caso oggi va continuamente crescendo l’importanza della teoria della tecnica; e la teoria della tecnica discende direttamente dalla teoria e dal modello generali. La storia degli studi e delle ricerche in psicologia clinica ha una salda tradizione nelle strutture e negli istituti privati, che non è possibile cancellare con un colpo di spugna. La psicoterapia, le metodologie, la formazione, hanno avuto origine e si sono sviluppate di fatto quasi esclusivamente nelle strutture private. Per altrettanto valide ragioni non è possibile dimenticare il prezioso contributo che alla professione hanno fornito gli operatori dei servizi territoriali, sempre in prima linea rispetto alla drammaticità delle sofferenze e del disagio mentale, e la ricchezza di conoscenze che hanno accumulato. Per parte sua, infine, l’università ha come compito istituzionale (al di là delle disfunzioni e dei ritardi nei quali possa essere caduta) quello di un’elaborazione globale delle ricerca e della scienza, utilizzando, confrontando, sviluppando e integrando tutte le conoscenze e i modelli esistenti, in qualunque ambito siano nati. Ciò costituirebbe una garanzia di pluralismo per evitare i danni di iperespansione di alcune teorie, il pericolo di sottoutilizzazione e di mancato accoglimento di altre, il rischio di chiusure dei singoli modelli al loro intemo, la parzialità dell’insegnamento e della diffusione delle varie Aree teoriche della psicologia clinica. Se l’università riuscisse a ritornare a questi suoi compiti istituzionali invece di essere luogo di “occupazione” di alcuni modelli teorici, non ci sarebbero assolutamente più sterili e dannose contrapposizioni con la cultura delle scuole private di formazione o con quella dei servizi territoriali.

Il Progetto che qui viene presentato ha l’obbiettivo di coinvolgere nella formazione tutti e tre questi poli della ricerca e della pratica (Università, Scuole di formazione. Servizi territoriali); ma soprattutto quello di rispettare e salvaguardare tutte le realtà che hanno contribuito e contribuiscono tutt’oggi a far avanzare la disciplina della psicologia clinica e della psicoterapia, in tutti i suoi filoni, in tutte le sue Aree teoriche. Costruire scuole di formazione per Aree teoriche, a carattere nazionale, ad ampio respiro, con il contributo di tutte queste realtà, vorrebbe dire avanzare verso la realizzazione di un’integrazione delle conoscenze e delle competenze. Più che verso una frammentazione, allora, si potrebbe procedere, proprio se si parte dalle specificità dei differenti modelli di psicoterapia, verso una struttura scientifica comune ed integrata, con un evidente salto di qualità di conoscenze e di operatività. Accanto al progetto della divisione clinica della SIPs, questa sezione ospita alcuni primi contributi critici e alcune riflessioni che lo arricchiscono e lo articolano. Il dibattito è in questo momento più utile che mai, perché, anche se i lavori della Commissione ministeriale per l’articolo 3, cioè per i criteri relativi al riconoscimento delle Scuole di formazione pubbliche e private, sono terminati, i giochi non sono tutti fatti e vi è spazio politico e culturale per articolare e plasmare il progetto nelle sue fasi operative. La linea di tendenza che emerge dai risultati del lavoro della Commissione, seppure non articolata con sufficiente chiarezza e decisione, è verso una certa integrazione tra pubblico e privato. Rimangono però alcuni rischi e ambiguità su cui bisogna intervenire per far sì che il processo di formazione in psicoterapia non vada, ad esempio, spezzato e frammentato tra teoria nell’università, terapia personale nelle scuole e tirocini nei servizi; per assicurare una reale presenza pluralistica di tutte le aree teoriche, in particolare nelle scuole di specializzazione universitarie e nell’insegnamento di base; per regolare le convenzioni scuole-università in modo da utilizzare in pieno le potenzialità di entrambe; per evitare il pericolo del controllo di una commissione centrale e burocratica che delle realtà delle singole aree e modelli teorici non può conoscere pressoché nulla, e realizzare invece comitati scientifici per aree; per poter realizzare progetti di ampio respiro di formazione e aggiornamento degli operatori dei servizi con il concorso di tutti e tre i poli della psicologia clinica e di tutte le aree teoriche; per sviluppare le potenzialità di tutti i modelli teorici e da qui far crescere la ricerca in tutto il campo della psicologia clinica. Come si può vedere le potenzialità da realizzare sono veramente notevoli e non sono irraggiungibili se si procede e si spinge con forza, con chiarezza e con decisione in questa direzione.