Luciano Rispoli: Rivista di psicologia Neo Funzionalismo e scienze integrate

Luciano Rispoli : Neo Funzionalismo e scienze integrate

EDITORIALE N.6 Dicembre 2018

L’infanzia e lo sviluppo del bambino sono da sempre oggetto di interesse da parte di clinici e terapeuti di diverso orientamento teorico. Una Teoria clinica non può prescindere da un modello di sviluppo che permetta di comprendere quali siano le premesse per il mantenimento del benessere, dove originino le alterazioni portate dai pazienti come sintomi, come e dove si possa intervenire per ripristinare un buon funzionamento della persona. E quindi conoscere questo funzionamento a partire dall’infanzia è imprescindibile. La grande attenzione per l’infanzia, però, non si spiega solo in funzione dell’intervento con l’adulto ma anche per la crescente domanda di cura e sostegno ai bambini stessi che nella società attuale, più che in epoche passate, sembrano presentare disagi e alterazioni che rischiano di trasformarsi in sintomi e disfunzioni cronicizzate. Le radici del disagio infantile sono da ricercare, oltre che nel mondo relazionale e affettivo del singolo bambino, anche nel funzionamento e nelle caratteristiche della realtà socio-culturale attuale, almeno per quanto concerne il mondo occidentale tecnologicamente avanzato. La diffusione dei videogiochi, della realtà virtuale, dei social media, la preminenza di modelli di successo e perfezione fisica, la realtà sempre più diffusa di nuclei familiari ristretti, sono la cornice in cui i bambini crescono, si sviluppano e conoscono se stessi e il mondo. È inevitabile che il contesto socio culturale determini quali Esperienze di Base vengano prevalentemente vissute e, di contro, quali siano più carenti e penalizzate (L. Rispoli, 2004).

L’intervento nell’infanzia non può prescindere da queste considerazioni proprio per poter essere efficace dal punto di vista della prevenzione e della cura; e deve orientarsi, innanzitutto, a controbilanciare gli effetti derivati da questa realtà sostenendo le Esperienze di Base che risultano più penalizzate, come il Contatto, il Sentirsi e la Condivisione. Naturalmente, un intervento che voglia essere efficace non può prescindere da un parallelo, o meglio integrato, lavoro di sostegno e accompagnamento rivolto agli adulti che fanno parte della realtà quotidiana dei bambini (genitori, insegnanti, educatori, ecc.). L’intervento clinico con i bambini di diverse età rappresenta un campo di grande interesse anche per quanto concerne l’utilizzo e l’adattamento delle tecniche terapeutiche per questo tipo di utenza.

La Psicologia Funzionale fornisce tecniche coerenti con il proprio modello teorico-clinico, intese come strumenti che permettono al paziente di attraversare e recuperare le Esperienze di Base carenti o alterate. Tali tecniche possono essere facilmente adattate attraverso giochi, strumenti, accorgimenti, anche a contesti e ad utenze diversi da quelli del lavoro con gli adulti, come nel caso dell’intervento nell’infanzia. Le tecniche terapeutiche per l’infanzia costituiscono un importante aspetto di specificità dell’intervento in età evolutiva. Queste, infatti, devono essere per la maggior parte “improntate al gioco per essere fruibili da parte dei bambini ma sempre collegate alle Esperienze di Base e, dunque, modificate e adattate per questo fine” (Rispoli L., 2004).

La terapia con il bambino deve essere ludica, improntata al piacere e alla giocosità. Il gioco è un’attività centrale per lo sviluppo del bambino su tutti i piani del Sé e, dunque, anche la terapia deve essere fondamentalmente gioco. Non può essere “cura” perché deve entrare nella vita normale, in una parte di vita vissuta con un adulto importante (il terapeuta), un adulto che gli propone un’attività interessante e divertente, ma sempre finalizzata agli obiettivi di intervento. Il piccolo paziente non deve avere né avvertire alcuna responsabilità della terapia, e non vanno usate interpretazioni simboliche perché non adeguate al livello di sviluppo e dunque confusive e poco efficaci.

Non è infatti l’interpretazione simbolica dei giochi o del modo di giocare che produce il cambiamento, ma il fatto che “giocando”, il bambino possa attraversare, positivamente e con tutto se stesso, quelle EBS che fino ad allora non gli sono state fornite a sufficienza o nel modo corretto (es.: Abbandonarsi all’adulto, Essere Preso, Essere Visto, utilizzare la Forza Morbida e la Forza Calma, ecc.) (L. Rispoli, 2004). Il fatto che non sia indicata l’interpretazione simbolica non esclude l’uso importante e integrativo della rappresentazione simbolica ed eidetica nelle Esperienze che il bambino va ad attraversare. Allo stesso modo solitamente (a meno che la specificità del progetto non lo preveda) non vanno date al bambino le prescrizioni, che sono invece utilizzate e necessarie nel percorso con i genitori. Da questa stessa definizione della terapia col bambino si individuano le caratteristiche del setting e delle tecniche, anch’essi ludici e improntati alla giocosità. Proprio per la multiformità di Esperienze di Base che possono essere proposte nell’intervento, è utile che nel setting vengano inseriti giochi e giocattoli vari e variati che coinvolgano pienamente tutto il Sé del bambino e permettano di fargli sperimentare diversi Funzionamenti. Adottare una modalità giocosa di conduzione non vuol dire “fare i giocherelloni” ma usare il gioco per raggiungere gli obiettivi clinici che ci siamo proposti. Questo è il principio fondamentale dell’uso del gioco adattato come tecnica e, allo stesso modo, della tecnica adattata attraverso il gioco. Gli adattamenti delle tecniche devono tenere conto anche dell’età del bambino e, dunque, del livello di sviluppo delle Funzioni (linguaggio, forza, coordinazione motoria, comprensione, consapevolezza) e prevedere aggiustamenti che rendano possibile un attraversamento pieno ed intero dell’Esperienza proposta. Oltre all’inserimento di giochi e giocattoli, le tecniche per l’infanzia prevedono l’uso dell’immaginazione, del disegno e delle favole. Ad esempio, giocare a “mamma e figlio orsi” che vanno a dormire può essere la modalità di gioco per proporre al bambino l’Essere Tenuto e Contenuto, fino ad accucciarsi tutto dentro il terapeuta. Raccontare o leggere favole basate su una determinata EBS permette al terapeuta di lavorare su un Funzionamento carente rafforzando il lavoro fatto con altre tecniche.

La favola può essere anche uno strumento utilizzato per recuperare una EBS alterata che ha prodotto distorsioni e difficoltà: ad esempio la paura di giocare sullo scivolo (Lanciarsi), la difficoltà a parlare in classe (Mostrarsi) e così via. La favola in questo caso permette al bambino di immaginare che ciò che ha inquinato l’Esperienza possa essere allontanato da espedienti magici, dal sostegno di altri coprotagonisti, o da altri interventi comunque presenti nella storia raccontata. Il bambino, allora, può cominciare ad entrare anche per questa strada nell’Esperienza alterata: di Mostrarsi, di Lanciarsi, di Prendersi l’Altro ecc., identificandosi in uno dei personaggi. Altrettanto interessante e versatile è l’impiego del disegno, non solo come strumento diagnostico. Il disegno dà la possibilità di modificare direttamente l’Esperienza compromessa attraverso aggiustamenti (grafici, di colori, di movimenti, di contatti ecc.) che il bambino, guidato dal terapeuta, può immettere; ma il disegno, inteso come opera creativa, può essere anche un prodotto con cui il bambino si Mostra e si Valorizza. Come sottolinea Rispoli, alcune Esperienze di Base si prestano più facilmente ad essere introdotte nella terapia come gioco, ad esempio Vitalità, Giocosità e Forza; altre, più ricettive, quali l’Essere Tenuti, Abbandonarsi, Lasciare, necessitano maggiormente che per gli adulti (i quali possono anche eseguire una tecnica perché sanno che la devono fare) di un lavoro preliminare fatto su altre EBS e di specifici adattamenti perché il bambino possa entrarci. Bisogna infatti tenere in considerazione la minor compliance verso il terapeuta che il bambino potrebbe presentare: mentre il paziente adulto ha una motivazione più ragionata alla terapia, il bambino viene portato in consultazione dai genitori e, pur potendo percepire le proprie difficoltà o bisogni, non è motivato al percorso in sé ma spinto dal desiderio di fare attività per lui piacevoli, interessanti o divertenti.

Anche per l’infanzia le tecniche funzionali sono fondamentali per portare il bambino nell’ esperienze di Base che si vogliono proporre e dunque recuperare.


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A proposito di Luciano Rispoli

Psicologo, Psicoterapeuta fondatore della psicologia Funzionale e del suo modello integrato di psicoterapia, trainer e formatore in Italia e all’estero in strutture pubbliche e private. Fondatore della Scuola Europea di Formazione in Psicoterapia Funzionale (SEF), della Società Italiana di Psicoterapia Funzionale (SIF) e della EIPF (Ecole Internationale de Psychothérapie Fonctionnelle – Escuela Internacional de Psicoterapia Funcional). Membro attivo sin dall’inizio di Organizzazioni Internazionali importanti della Psicoterapia: già Presidente della Società Italiana di Psicoterapia e Psicologia Clinica. Membro onorario dell’European Association for Body-Psycotherapy (EABP), del Comité Scientifique Internationale de Psychotherapie Corporelle (CSITP). Presidente onorario della Associazione Italiana per la Psicoterapia Corporea (AIPC). Autore di progetti per l’Infanzia e Adolescenza in diverse realtà, in Italia e all’Estero. Già docente di Metodologia clinica e prevenzione psicologica presso l’Università di Enna. Le sue ricerche hanno spaziato dallo studio sui Processi di psicoterapia e la loro valutazione, allo studio su Infanzia e Adolescenza, allo studio sui fenomeni dello Stress e la sua misurazione. Autore di 15 libri e di oltre 140 articoli pubblicati in Italia e all’Estero.

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