Luciano Rispoli psicologo: La psicoterapia corporea: basi scientifiche e sviluppi.

in III Congresso Internazionale, 1992.

Luciano Rispoli, Membro del Comité Scientifique International pour la Thérapie Psyco-corporelle, Presidente dell’Associazione Italiana per la Psicoterapia Corporea; Fondatore dell’approccio Funzionale e Presidente delle Società Italiana ed Europea di Psicoterapia Funzionale. Direttore della Scuola Europea di Psicoterapia Corporea e Funzionale.


L’intrecciarsi delle vicende del corpo da una parte e della psicoterapia dall’altra costituisce una storia che ha radici molto antiche e che, a ben guardarla, ha un andamento progressivo, un chiaro trend, verso nuovi interessanti sviluppi teorici e tecnici. La psicoterapia corporea è un insieme di metodologie, di tecniche, di ipotesi, che si caratterizzano non tanto per avere come loro oggetto il corpo, ma per uno studio approfondito delle relazioni tra mentale e corporeo, per una teoria di fondo che ipotizza l’unitarietà dello psiche-soma, superandone il tradizionale dualismo. Viene messa in evidenza la circolarità e la pariteticità delle correlazioni tra questi due aspetti della persona, al posto di una visione di tipo piramidale, di un corporeo sottomesso ad un mentale che “dall’alto” controlla l’intero funzionamento dell’organismo. La psicoterapia corporea è dunque una delle grandi aree teoriche che costituiscono oggi la psicoterapia.

Il corpo nelle psicoterapie.

Sin dai primi movimenti di questa disciplina si è cominciata a delinearsi la necessità di uno studio dei funzionamenti pichici che tenesse in debita considerazione il suo complesso intrecciarsi con i processi corporei. In Freud questo aspetto si presentava, in accordo con il modello della scienza del tempo, come “biologismo”, nella sua teoria delle pulsioni. Poi per lungo tempo le psicoterapie analitiche e verbali hanno, nella maggior parte dei loro esponenti, trascurato il corporeo come mezzo di intervento diretto, leggendolo solo come epifenomeno del mentale, come luogo di lapsus o di somatizzazioni, come metafora dello psichico. Insieme al corporeo veniva perduta la possibilità di sperimentare direttamente in terapia nuove modalità di muoversi, di reagire, di percepirsi, modificando attivamente arcaiche sensazioni, emozioni e modalità di essere, che si cristallizzano appunto in posture fisse, in movimenti stereotipati, in funzionamenti alterati di sistemi interni dell’organismo. Non era stato ancora scoperto quale ricchezza e intensità di ricordi, emozioni e vissuti (legati persino a periodi di vita preverbali) il lavoro sul corpo è in grado di far emergere. Non si era ancora spostata l’attenzione dalla sola interpretazione, o dalla sola ricostruzione degli schemi cognitivi, ad altri importanti aspetti della relazione terapeutica: il contenimento, l’accoglimento empatico, il soddisfacimento dei bisogni arcaici, le esperienze riparatrici. Ma il corpo non poteva essere relegato più a lungo alla sola storia evolutiva dell’individuo; perché il corpo è comunque presente anche nell’attuale, all’interno della stessa relazione terapeutica, nei molteplici processi di comunicazione. Il corpo esiste nei silenzi, nel tono di voce, nelle posizioni che il terapeuta prende rispetto al paziente nel setting, nei movimenti, in tutte le sue modalità di esprimere.

Ecco perchè l’importanza del corpo in psicoterapia è stata sempre riconosciuta (anche se in modo non sempre organico ed esplicito) nella storia della psicologia clinica: da Ferenczi con la sua tecnica attiva (intervenire sul corpo del paziente per calmarlo e rassicurarlo); all’holding di Winnicott (che introduce il bisogno di essere “presi”); dal concetto di amore primario di Balint (che comporta la necessità di rispondere alla capacità di amore che il bambino, e dunque il paziente in regressione, ha sin dalle prime fasi di vita) alle concezioni sulla tecnica di Racker (andare oltre gli strumenti tradizionali per analizzare la relazione terapeuta-paziente), all’aptonomia (il contatto fisico in seduta) di This e Veldman, via via fino alle formulazioni sul Sé la cui concezione comporta un’idea di relazione ben più ampia dell’analisi del transfert.

Le psicoterapie ad “integrazione” corporea.

Solo dalle psicoterapie ad “integrazione” corporea il corpo viene finalmente considerato in maniera esplicita alla pari e in intima connessione con le altre parti della persona. Il corpo non viene più visto solo come immagine o schema corporeo, o come metafora dello psichico, o solo come aspetto simbolico dei conflitti intrapsichici; e nemmeno soltanto come contenitore di vissuti. Anzi è lo stesso dualismo psiche-soma ad essere superato perché insoddisfacente e distorcente. Le nuove suggestive ipotesi considerano di poter accedere a una memoria corporea situata a più livelli, diffusi in tutte le parti dell’organismo. I risultati più recenti della ricerca scientifica hanno appurato che sin dalla nascita è tutto il corpo del bambino ad essere profondamente coinvolto nelle relazioni affettive con l’ambiente; e gli esiti di tali relazioni si iscrivono nel corpo, attraverso l’instaurarsi di fissità e ripetitività di funzionamento (respirazione alterata, movimenti stereotipati, posture abituali, reazioni automatiche inadeguate alle reali condizioni esterne, attivazioni croniche simpaticotoniche, ecc.). Mobilizzando i vari distretti corporei è possibile ritrovare vari strati di emozioni e vissuti che, in vari periodi, quella parte del corpo ha contribuito ad esprimere direttamente, o a nascondere, o ad esasperare, a seconda dell’andamento delle relazioni affettive con l’ambiente. Reich con la sua vegetoterapia carattero-analitica fu tra i primi ad approcciare direttamente, e in modo profondo e sistematico, il corporeo in terapia e i suoi concetti di identità funzionale tra psiche e soma, di cristallizzazioni delle formazioni caratteriali, di alterazioni croniche dell’equilibrio del sistema neurovegetativo, aprono la strada alla grande scoperta che nel corpo è scritta tutta la storia delle nostre emozioni e dello sviluppo della nostra vita.

Le psicoterapie a “mediazione” corporea.

Purtroppo sotto l’impatto della “moda” del corpo sono nate e si sono moltiplicate tecniche terapeutiche che puntano esclusivamente al corporeo. L'”illusione” della cosiddetta “liberazione” si basa sull’erroneo presupposto che basta far muovere il corpo e “scaricarlo” per star bene; come se anche il corpo non fosse soggetto a scissioni, stereotipie e alterazioni di funzionamento su cui bisogna intervenire (insieme alle stereotipie psichiche) con ben determinate modalità che siano in grado di modificarle, e che non corrano il rischio di intensificarle. Terapie come il grido primario, la reintegrazione emotiva, la biodinamica, l’eutonia, il metodo feldenkrais, i massaggi californiani, il rolfing, il rilassamento, la danzaterapia, la musicoterapia e così via, rischiano di restare solo semplici “tecniche” sul corporeo e non un processo terapeutico di cambiamento, se non si collegano ad una valida teorizzazione generale che ne indirizzi e ne convalidi l’impiego.

Oltre la frammentazione, verso una teoria complessiva della psicoterapia corporea in grado di fare pesare pienamente il proprio contributo nelle scienze dell’uomo.

Intervenire direttamente sul corpo in terapia ha messo in luce una serie di fenomeni e aspetti nuovi del funzionamento psicofisico che non erano stati osservati dagli altri approcci clinici. Si tratta di fenomeni forti e rilevanti, particolarmente significativi: esplosioni emozionali di grande intensità; posture, movimenti e toni di voce estremamente “regressivi”; ritorni di percezioni e ricordi arcaici; stati di coscienza diversi e profondi; riedizioni benigne di antichi sintomi; modificazioni evidenti delle funzioni fisiologiche interne (temperatura, frequenza del battito, sudorazione, soglie percettive, tono muscolare di base, peristalsi, processi ormonali); e così via. Tutto ciò ha messo sotto nuova luce le connessioni tra psichico e somatico, ponendo la necessità di inquadrare tali fenomeni in una nuova prospettiva, in nuovi principi, in nuove teorie. E questa sta producendo un vero e proprio terremoto nella psicoterapia poiché conduce via via ad una radicale ridefinizione dei concetti classici e alla formulazione di nuovi, in una risistemazione dell’intero campo teorico che non riguarda certamente il solo settore psicocorporeo ma tutta l’area della psicologia clinica e della psicologia più in generale. E nelle scienze dell’uomo la psicoterapia corporea potrà portare sempre più i suoi insostituibili contributi se saprà entrare definitivamente nel campo scientifico, e non dimenticherà mai che una psicoterapia è un delicatissimo processo complessivo nel quale sono indispensabili un’esperienza profonda di regressione, un potere essere accolti, presi e tenuti totalmente, un ripercorrere le tappe della propria vita per trasformarne gli esiti negativi attraverso la trasformazione del transfert, una “riparazione” attraverso la relazione con il terapeuta di antiche “lacerazioni” nel tessuto del Sé, un percorso e una crescita dal bisogno e la dipendenza al benessere e all’indipendenza.

Dunque anche la psicoterapia corporea non può ridursi assolutamente ad un insieme di tecniche, ad un’applicazione meccanica di esercizi, ma si svolge e realizza i suoi obbiettivi grazie alla relazione con il terapeuta, ad una teoria della relazione, ad un uso metodologicamente ed eticamente corretto di tale relazione, ad una modificazione graduale ma profonda delle caratteristiche di questo rapporto particolare, dall’inizio via via sino alla sua conclusione.