Luciano Rispoli psicologo: Schizofrenia e concetti di scissione del Sé corporeo.

in Dinamische Psychiatrie” nn. 114-115 – Munchen 1/2 Heft, 1989.

Luciano Rispoli, psicologo e psioterapeuta, riporta le più recenti scoperte fatte in Psicoterapia corporea rispetto alla Schizofrenia e ai concetti di scissione del Sé corporeo nel modello clinico della psicoterapia corporeo-caratteriale.


Nei più recenti sviluppi della Psicoterapia corporea, nata con la “Vegetoterapia caratteroanalitica” di Wilhelm Reich, si è fatta più consistente la concezione di una integrazione originaria delle strutture e delle funzioni dell’essere umano, che supera definitivamente i dualismi quali psiche—soma o verbale—non verbale. Questa complessa struttura multifunzionale, definita del Sé corporeo, è stata studiata nel suo svilupparsi (dalla nascita in poi) e nel suo successivo disequilibrarsi ed alterarsi. Secondo questo modello esiste nel bambino una originaria integrazione di piani, processi e funzioni che, anche se in modo semplificato, coincidono con l’intera gamma di capacità e potenzialità in via di sviluppo.

Descrittivamente il Sé corporeo può essere suddiviso in quattro grandi aree
1) Emotivo — affettiva, cioè lo spazio entro cui i movimenti assumono un senso preciso, una tonalità emotiva nella relazione con l’esterno

2) Posturale, relativa all’atteggiarsi dei distretti muscolari, alla configurazione e all’espressione del corpo

3) Fisiologica, relativa al funzionamento degli organi e apparati interni

4) Simbolica, connessa ai processi del cognitivo, del fantasmatico, dell’immaginativo.

Possiamo vedere in questo primo schema (fig.i) il nucleo originario del Sé con le profonde interrelazioni tra i suoi vari piani. Nella fig.2 viene messa in evidenza una separazione iniziale delle aree funzionali, che diventano meno mobili, più irrigidite e meno interconnesse tra di loro. Abbiamo rappresentato con un cerchio tratteggiato la struttura del falso sé che si sta formando. Infine nella fig.3 possiamo osservare lo schema di uno stato più avanzato e più specifico dei processi di scissione. Qui è rappresentato il caso di una persona con un emotivo ipersviluppato e scisso dalle altre funzioni, con una teatralità di tipo isterico e con una serie di disfunzioni psicosomatiche incontrollabili. L’ipotesi della ricerca, sul piano attinente all’eziologia delle patologie, é che ogni tipo di disturbo può essere ricondotto ad un’alterazione psicosomatica dell’intero organismo, e in particolare a possibili scissioni tra aree funzionali differenti, o anche all’interno della stessa area. Le interazioni tra varie parti del Sé sono dunque interrotte o profondamente modificate, le connessioni permangono solo a livelli molto arcaici e tali da non permettere il trasferirsi di “senso” e “movimento” da un’area all’altra, da un distretto ad un altro, da un processo funzionale a quello contiguo. In tal senso non si può parlare, in questa ipotesi di formazione della personalità, di un prevalere o di processi o di strutture, poichè entrambi dipendono da un evolversi storicistico in cui i processi alterati si cristallizzano in strutture, che a loro volta permeano di sé i nuovi processi che ne derivano. Una struttura morfologica (una parte del corpo più espansa o più piccola, dismetrica sopra—sotto, destra—sinistra, ecc.) può influire in modo deciso sul vissuto percettivo e sul campo funzionale delle emozioni di una persona. Un irrigidimento e una limitazione di movimenti e posture corporee può rispecchiarsi in una limitazione cognitiva e ideativa, e così via. Le scissioni, a loro volta incapsulate in una costellazione psicosomatica irrigidita (sistema delle “difese”, memoria corperea, ecc.) provengono da impatti negativi dell’espressione e del movimento del bambino nell’ambiente, da uno scarso accoglimento, da dolorose e precoci spinte tendenti a privilegiare solo alcune delle aree del Sé corporeo (tra i casi più frequenti quello dell’iperespansione del cognitivo o dell’emotivo). Osserviamo la fig.4. Rappresenta il caso di un uomo di 34 anni, Nicola, con un padre disinteressato e assente, ma violento. La madre è stata fortemente invadente e dura. Nicola soffre di mal di testa ciclici, così intensi da portare puntualmente al vomito; di dolori che insorgono improvvisamente in ogni parte del corpo. Accusa una irrefrenabile coazione a masturbarsi di notte utilizzando contro la sua volontà i ricordi e le immagini delle violenze subite da piccolo dalla madre e dalla zia, che lo sottoponevano a frequenti e umilianti clisteri. Ha scoperto la masturbazione a 23 anni e non ha mai avuto rapporti sessuali con una donna. Soffriva di paure religiose a 6-7 anni. Ha subito un tentativo di violenza omosessuale a 12 anni. Ha un sonno molto difficile sia nell’addormentamento che nel risveglio. E’ stato 5 anni in analisi junghiana prima di rivolgersi a me, senza apprezzabili risultati. E’ molto angosciato (e quasi lo nasconde) da un sintomo che aveva sin da piccolo e che si sta sempre più aggravando: all’improvviso si blocca totalmente e ammutolisce, restando per lunghi momenti immobile, sudando, incapace di fare alcunché (anche per più di un’ ora di seguito). Possiamo notare dallo schema come all’interno della stessa area del cognitivo si sia ipotizzata una scissione tra il piano delle fantasie (coattive, ripetitive, spaventevoli) e del simbolico (sogni sempre paurosi) da quello del razionale e del consapevole. I due livelli funzionano quasi “in alternativa” l’uno all’altro, così come in alternativa sono movimento ed emozione. In realtà il sintomo del bloccarsi è dovuto ad una scissione molto profonda tra emotivo e posturale che ha intaccato gravemente il nucleo originario del Sé. infatti in Nicola il movimento emotivo, molto poco sviluppato, resta comunque slegato da quello corporeo e produce tangibili guasti sul piano fisiologico (le cefalee con vomito, i disturbi del sonno, ecc.). Inoltre le sensazioni fisiche non diventano percezioni avvertite coscientemente se non, improvvisamente, come dolori. Nicola non sente quasi mai il suo corpo e comunque mai piacevolmente. Il fisiologico prorompe, collegato solo sotterraneamente con l’emotivo. Il falso Sé è ispessito in corrispondenza del cognitivo e del posturale, e quest’ultimo risulta particolarmente sclerotizzato e irrigidito. La possibilità di assumere posture e compiere movimenti è notevolmente limitata in Nicola che, tanto per fare un esempio, non riesce a stare ben poggiato nella posizione all’in piedi per più di pochi secondi, ma è subito preso da movimenti stereotipati e ripetitivi. Tutto ciò è legato, come dicevamo, ad una pericolosa erosione del nucleo originario del Sé, che risulta fortemente ridotto e minato da profonde scissioni. Sul piano della prognosi il trattamento di questo caso è durato poco più di tre anni, con un numero totale di 92 sedute a frequenza settimanale. I primi sintomi a migliorare notevolmente e a scomparire sono stati l’insonnia, le cefalee con il vomito, la capacità di percepire il proprio corpo anche con benessere fisico. Man mano, scendendo verso il nucleo originario e riconnettendo lentamente e pazientemente le scissioni (almeno quel le più macroscopiche) siamo entrati nella paura indiretta e profonda di Nicola, nella sua diffidenza di base, nel suo bloccarsi catatonico, rimettendo in moto contemporaneamente movimenti corporeo—fisiologici ed emozioni mai potute esprimere, come ad esempio rabbia ed ostilità aperte. I fenomeni e le sintomatologie di dissociazione, di catatonia, di spersonalizzazione, di frattura e carenza del Sé, che sogliono essere considerati nella sindrome complessa della schizofrenia, si presentano spesso, nella pratica della psicoterapia corporea, anche in pazienti che non sono classificati schizofrenici o con manifestazioni schizofreniche dominanti. Laura si “vèdeva” ossessivamente dall’esterno ed era assillata da un pensiero che controllava ripetitivamente il suo pensiero. Armando aveva  momenti di strane sensazioni e di visioni che lo terrorizzavano, nonchè periodi di vere e proprie “assenze’. Tutte queste sindromi, dunque, compresa la schizofrenia, vengono ricondotte eziologicamente ad un concetto di scissione concretamente riscontrabile, che si può ritrovare anche in bambini molto piccoli. Esse si connotano per la gravità e la profondità delle “spaccature” tra i processi funzionali del Sé, tali da eroderne la consistenza del nucleo centrale e originario, sino a sostituirlo quasi totalmente con un falso Sé, costituito da alterazioni e ipertrofie innescate da formazioni reattive difensive. Tale teoria ricostituisce una continuità e unitarietà sia tra disturbi psichici e somatici, sia tra schizofrenia ed altre sindromi psicopatologiche. Possiamo dire anzi di più, a proposito di tali ipotesi teoriche, che in psicoterapia corporea è frequente osservare durante il trattamento momentanee sensazioni di scissione, di angoscia esistenziale originaria, di perdita della consistenza e dell’integrazione arcaiche, simili a veri e propri sintomi schizofrenici, ma come episodi, innocui, caratteristici del processo terapeutico stesso. Ciò sembra ribadire la validità del modello del Sé corporeo (nel considerare i processi funzionali dell’organismo umano) e la necessità di porgere attenzione alle incongruenze, alle discrepanze, alle contraddittorietà tra ciò che viene ad essere espresso su di un piano rispetto ad un altro, o anche all’interno dello stesso piano. Sul versante della tecnica terapeutica importanti considerazioni derivano da questi sviluppi teorici. Qui ci limiteremo a citare i principi cardine della regressione psicosomatica e della riconnessione delle aree integrate. Pur continuando a considerare come fondamentali gli strumenti della relazione e del campo transferale, ci interessa qui ribadire come il nostro intervento si svolga su tutti i piani funzionali del Sé corporeo. In questo senso possiamo concepire la regressione psicosomatica, non strettamente cronologica, né topica, capace di condurre ad aree interne e profonde dove è ancora esistente l’integrazione primaria: il senso, il movimento e l’emozione uniti. Gli schemi proposti ci danno un aiuto sostanziale nell’indicar’ci come percorsi preferibili, in questo difficile e delicato viaggio nella regressione, quelli delle aree funzionali meno separate e irrigidite, più mobili, più sviluppate anche, ma dove il falso Sé è meno ispessito e difeso. Ciò non significa che per ciascun paziente si userà in terapia un sol piano del Sé corporeo, una sola modalità di regressione, ma che per ciascuno esiste una via preferenziale (il massaggio, i sogni, la comprensione, le posture, i ricordi, la respirazione, ecc.) che deve essere sempre accompagnata da un intervento anche su tutti gli altri piani. Gli schemi ci forniscono un’altra possibilità: quella di capire chiaramente quali riconnessioni, quali ricuciture sono più necessarie di altre, da dove procedere per allargare le aree integrate del Sé originario. Ma ciò che alla fine risulta da tutto il discorso è la necessità di rimettere insieme parti diverse del Sé, con i processi funzionali che le riguardano, che appartengono comunque alla sfera complessa della relazione. Noi leggiamo la relazione (e quindi anche i suoi risvolti sociali) su un piano più ampliato, considerando l’uomo come una struttura intera, comprendente anche il corporeo e il fisiologico, e con la necessità quindi di intervenire su tutti i livelli che lo compongono. Ciò pone come risultato di rilievo un essenziale continuum nelle patologie (in particolare tra la schizofrenia e le altre sindromi psichiche, e tra quelle psichiche e quelle psicosomatiche), ma una continuità anche tra malattia (l’alterarsi, le scissioni), prevenzione (lo sviluppo di tutti i piani del Sé) e benessere (mobilità e ampiezza dei processi funzionali).