Luciano Rispoli psicologo: Simboli, miti e processi vitali nella genetica e nella concezione orgonomica

in Riza Psicosomatica n 103, 1989.

Luciano Rispoli, presidente della S.I. F (Società Italiana di Psicoterapia Funzionale e Corporea), affronta il tema delle suggestioni, dei miti e dei simboli che si intrecciano ai dati biologici e genetici dell’essere umano, facendo riferimento all’orgone di Wilhelm Reich.


Numerose e ricche sono le suggestioni che il tema della manipolazione genetica suscita nell’uomo, nello studioso, nel ricercatore, nello psicoterapeuta reichiano. I miti e i simboli che nel tema si intrecciano con il dato biologico e fisico riportano immediatamente in primo piano uno dei principali meriti di Wilhelm Reich: quello di essersi addentrato (tra i primi) nei profondi meccanismi dei processi psicocorporei, nei recessi di questo amalgama di aspetti apparentemente differenti e contraddittori che è il nucleo originario del Sé. Ma se parliamo di Reich e del gene, e cioè dell’unità più piccola di programmazione della vita, non ci possono non venire in mente quelle altre forme da lui studiate, gli elementi più piccoli e primari di organizzazione della vita o dell’energia vitale: i bioni e gli orgoni. I bioni erano per Reich primordiali vescicole piene di energia che si organizzano, aggregandosi, in forme elementari viventi, quali i protozoi. Nei bioni l’energia è come catturata e costretta in un involucro iniziale, mentre l’orgone è l’energia allo stato libero, un movimento di particelle che produce radiazioni termiche e 1untLnose,presenta come base nell’Universo intero. Ciò che colpisce in questo genere di studi è innanzitutto la presenza di una ricerca un po’ affannosa, tenace e in un certo senso disperata degli esseri umani nei confronti dell’elemento primo, del principio motore, dell’unità infinitamente piccola che non si può più scomporre. Anche negli studi di fisica, sull’atomo, nella scoperta dei quark1 in fondo si ritrova lo stesso tentativo di ricondurre tutto ad una stabilità rassicurante, ad un qualcosa che non si muova e non si suddivida ulteriormente e perciò non possa più sfuggire. Eppure noi sappiamo oggi che la materia è prevalentemente un vuoto, una discontinuità, un movimento continuo. Qui si contrastano due esperienze, antichissime, sia per il bambino che per l’essere umano: quella della fluidità, del movimento, dell’essere parte del cosmo, dei confini solo apparenti e fittizi da una parte; e dall’altra la vita cristallizzata in forme separate le une dalle altre, ferme, concrete e solide (almeno nell’istante attuale). La ricerca nell’infinitamente piccolo non è una questione di grandezza o piccolezza, ma è il viaggio verso le radici, verso la terraferma: un posto dove possiamo posarci e riposarci sapendo che è di quei mattoni che noi e il mondo siamo costruiti.
Se noi scomponiamo le immagini che ci vengono dalla realtà, se noi studiamo i fenomeni percettivi della visione, ad esempio, scopriamo che quella continuità e staticità degli oggetti esterni è solo un’illusione, un’elaborazione del nostro cervello, del nostro Sé. Le immagini che ci arrivano sono, infatti, nella loro realtà, come quel le di una telecamera che si muova continuamente sul suo cavalletto in modo brusco, a scatti, traballante, con rapidissimi movimenti che puntino l’obbiettivo ora su una parte ora sull’altra della scena da riprendere, e con solo al centro dell’ immagine una zona veramente a fuoco. Rotta l’illusione della continuità del mondo visibili l’uomo scende nel microcosmo, per ritrovarla, almeno sotto forma di elementi primi. Ma la cristallizzazione e la mobilità sono altresì due aspetti contrapposti che determinano la qualità della nostra vita, o meglio della vita nei confronti della morte; dove vita e morte non debbono necessariamente essere intesi in senso letterale e tanto meno assoluto. La mobilità è anche benessere e salute, laddove nella rigidità, nella limitazione della mobilità c’è ciò che viene comunemente inteso come malattia, malessere o angoscia (che in molte lingue è proprio sinonimo di “angoscia”, “costrizione’.

Dunque l’orgone è lo stadio utopico del movimento totale privo di forme, il polo di una mobilità però priva di identità, di una fusione che non permette neppure le separazioni. Mentre la catena genetica e cromosomica è la forma per eccellenza, ciò che produce in modo preciso la forma, o ancora la forma condensata nel puntiforme, in un programma che la svilupperà esattamente in quel modo. L’orgone ci mette in comunicazione col mondo, in modo totale; il gene ci individua esattamente, ci rende unici,determinati e separati. deve condensarsi e fermarsi per dare materia e vita, l’altro ha bisogno del movimento per potersi sviluppare in forma di vita. Dunque la vita sta al centro, e partecipa di entrambe le qualità e di entrambe queste radici profonde.J1l mito della fenice è nel circolo che si forma: la vita si irrigidisce e muore, dalla disgregazione provengono le vescicole di energia che si riaddensano in nuove forme di vita (l’esperimento sui bioni di Reich) che hanno in sé cristallizato condensato I intero programma ( le forme di tutte le forme): l’informazione genetica. E’anche il mito di Faust che riaffiora: la scienza e il sapere che vanno oltre la morte, della giovinezza che ritorna grazie al diabolico (il dividersi, il separarsi come individui, la forma che ci chiude in nuove unità). Infine la manipolazione genetica non può non ricordarci il mito del Superuomo, o l’ invenzione fantascientifica dell’ androide costruito a proprio piacere; in altri termini l’estremo tentativo di innalzarci ai divino, di andare attraverso l’ infinitamente piccolo nell’ infinitamente grande (così come l’ orgone fa da ponte per l’universo). Al di là delle metafore o dei miti cosa può leggere in tutto questo il reichiano di oggi, partecipe di una scienza che va sviluppandosi verso una complessità così differente dal meccanicismo assolutistico del passato, ma che comunque si pone in modo rigoroso, per  distinguersi dal senso comune o dalla pura immaginazione?  Certo questi miti disvelano un sapere e una conoscenza che la paura e l’angoscia hanno dovuto, negli esseri umani, seppellire nel profondo. Il mito ci porta in questa regione della conoscenza del sè, dove non è arrivata la scissione, dove conoscenza,emozione, razionalità e movimenti sono ancora strettamente integrati come nel bambino. Il Simbolico riunisce i livelli, che sotto 1 impatto delle frustrazioni  si sono sconnessi. Cosa ci svelano questi miti e cosa ci dicono, allora, queste simbolizzazioni? Un primo elemento di conoscenza è che entrambe le polarità, il gene e l’ orgone, non sono entità di per sè, non hanno vita autonoma, come cose o oggetti sotto i nostri sensi concreti. Essi sono piuttosto due qualità, due maniere diverse con cui l’uomo percepisce se stesso e il mondo circostante, una conoscenza profonda e arcaica. Una seconda considerazione ci porta a capire che le due polarità sono contrapposte solo apparentemente. Se noi osserviamo le dimensioni della plasticità—cristallizzazione, forma—fluidità, movimento—immobilità, nella loro interezza, con tutte le sfumature intermedie che sono possibili tra i poli estremi, scopriamo che la vita è caratterizzata proprio dalla presenza di tutta la gamma contenuta nella dimensione. Anzi, quanto più sono possibili e presenti le qualità di uno dei due poli, tanto più lo sono quelle vicine al polo solo apparentemente opposto. Alla stessa maniera, troviamo nel lavoro clinico e terapeutico una infinità di false antitesi, come le precedenti, sul piano dello emozioni come su quello dei movimenti, delle percezioni e persino degli apparati: e dei sistemi biologici interni all’organismo umano. Una persona incapace di esprimere rabbia apertamente sarà solo apparentemente tenera, così come una che non ne sec ad attraversare la Paura non potrà per questo dirsi coraggiosa , o un’altra costretta ad essere sempre forte, perchè ha escluso dalla propria vita la possibilità di sentirsi fragile e debole, non avrà una forza reale ed efficace, ma solo la sensazione disperata di dover continuamente resistere. La vita si ammala se si limitano le gamme delle varie “dimensioni” in prossimità di una delle due estremità, poichè vengono a mancare anche le qualità dell’estremità opposta; la mobilità diminuisce e la gamma di potenzialità si riduce divenendo ristretta e limitata. L’ individuo che nell’angustia (letteralmente nell’angoscia), non più capace di spaziare in tutte le sfumature possibili (emotive, percettive, motorie, ideative) e costretto a risposte coattive, ripetitive, inadeguate. Partendo da queste due prime riflessioni, infine, possiamo dire che il gene e l’orgone rappresentano l’esistenza di due piani, due parti dell’uomo, unite profondamente nella loro origine e nelle loro radici. Ci torna in mente il pensiero di Reich, rappresentato in modo esemplare dal simbolo di un nucleo originario psicosomatico che si scinde in due rami, i quali finiscono con il contrapporsi l’un l’altro. L’elemento profondamente innovatore delle sue teorie riguarda appunto i meccanismi di scissione, e l’ipotesi che questi si inneschino solo in un secondo momento sotto le frustrazioni e le incapacità del mondo circostante di accogliere le profonde e vitali esigenze del bambino. Andando avanti per questa strada siamo approdati a nuove prospettive, di ampio respiro, aperte dalla recente concezione funzionale della organizzazione del Sé, cioè del la struttura di personalità in tutte le sue componenti psichiche e corporee.
Il gene e l’orgone possono cosi essere considerati due funzioni della vita profonda dell’uomo, sia a livello simbolico che biologico. E dei vari livelli funzionali, processi complessi che attraversano la psichicità e la corpo— reità, è possibile, secondo la nuova prospettiva, tener conto, operando in senso preventivo, oltre che terapeutico e curativo. E’ possibile, infatti, oggi cominciare a trovare le relazioni che legano i vari livelli, guardare alle interfacce dei vari processi funzionali, scoprire i ponti sotterranei che congiungono zone della nostra vita apparentemente separate.
E che, insieme ai significati e ai sensi più profondi dei miti e dei simboli che attraversano la storia dell’umanità, possiamo trovare l’esistenza di interezza unitaria, olistica, dell’essere umano, e la strada per sconfiggere il grande dramma del malessere fisico e psichico della società attuale verso reali possibilità di benessere, di gioia, di vitalità.