Scuola di Psicoterapia: Apertura di lavori in “Wilhelm Reich: storia di una rimozione.

Simposio internazionale organizzato da Centro Studi Reich 1987

Relazione Apertura Lavori

Luciano Rispoli – Presidente Centro Studi W. Reich . Napoli

Questa manifestazione, a 30 anni  dalla  morte  e  a  90 dalla nascita di Reich, vede  riuniti studiosi e continuatori del suo pensiero, accanto a psicoanalisti, storici, biologi e medici, per la prima volta insieme a  ricostruire un quadro storico e scientifico, tentando di ricollegare nella giusta luce avvenimenti che hanno contribuito a  tracciare nuove strade di pensiero e di ricerca, ad aprire prospettive ricche di potenzialità.

Cosa vuole esprimere la  scelta del  titolo di questo Simposio; la storia di quale rimozione vogliamo portare alla luce?

C’è’  qualcuno che non ha gradito questo titolo perché lo riteneva acqua passata.  E’  giusto mettersi in una prospettiva costruttiva e non recriminativa, ed è quanto abbiamo comunque fatto in tutti questi anni in Italia, negli altri paesi dell’Europa e negli Stati Uniti. Ma è anche altrettanto giusto che finalmente vengano riconosciuti  pienamente ed  apertamente i meriti di uno studioso che ha dato  impulso ed avvio a nuove ipotesi  e a nuovi modelli per comprendere e per intervenire meglio sulla condizione di esistenza del l’uomo. Valga per tutti l’esempio delle sue intuizioni in campo clinico sulla connessione e   identità, concretamente sperimentate e verificate, tra i due aspetti dello psichico e del somatico; ipotesi da cui hanno preso il  via studi  e ricerche in più campi disciplinari.

Proprio oggi, forse, ammorbidite in parte le polemiche e le ostilità, e’ possibile guardare ad una storia non tanto conosciuta di “rimozioni”, per riprendere poi a costruire e andare avanti in modo più collaborativo e  fecondo con gli altri  rami della scienza, anche di quella finora più chiusa e pregiudizialmente ostile.

1) Questo è infatti il primo significato che abbiamo voluto dare alla  “Storia  di  una  rimozione”. Un modello scientifico, che ha oramai 60 anni di vita, è ancora così poco studiato e dibattuto, conosciuto nei suoi aspetti più profondi e pregnanti. Nelle  pubblicazioni, negli articoli, nelle ricerche in campo clinico o pedagogico,  si utilizzano i costrutti di questo modello senza citarne mai la paternità o non si fa in quasi  mai riferimento a questi studi, né a quelli di Reich, né a quelli della scuola culturale che vi ha fatto seguito. Nell’analizzare i vari approcci psicoterapeutici, ad esempio, la letteratura specifica non cita ancora oggi quasi per niente il  filone della terapia reichiana; si chiami Vegetoterapia carattero-analitica, Bioenergetica, Orgonomia (secondo una direzione che potrebbe essere proposta come più attuale, Psicoterapia corporeo-caratteriale). I costrutti  teorici di quest’area non vengono neppure dibattuti  (né in  senso positivo, né in senso negativo), lasciando  poi  che in  essa  si  vadano  a  mescolare  e  a confondere, nell’immagine  che la gente ne ha, ogni sorta di tecniche manipolative  e guaritorie, di   massaggi, di ginnastica, di danze e così via, che con la psicoterapia non hanno nulla a che fare.                            

2) Un secondo aspetto della rimozione è più strisciante e inafferrabile.  Riguarda la  persona Wilhelm Reich, del a cui storia si sa poco, e quel poco confusamente. Da un inchiesta  svolta a livello di contatti personali risulta che tra gli addetti ai lavori, tra quelli che hanno sentito parlare di Reich, molti sono coloro che comunque sono convinti  ancora  oggi  che  egli  fosse  divenuto  pazzo nell’ultimo  periodo della sua vita, o lo fosse sempre stato, o addirittura che fosse morto in manicomio. Bisogna  dare atto alla Sugar che ha avuto il coraggio e il mento di diffondere le  opere  di  Reich  in  Italia;  ma evidentemente questo non è ancora sufficiente.

3) Un terzo livello di questa storia di rimozione riguarda precipuamente il movimento psicoanalitico. Sono accertate, ma non apertamente conosciute, le distorsioni e le oppositività che  da allora hanno colpito sia la persona di Reich e le  sue teorie, sia gli studi successivi dei suoi continuatori. Non è un delirio persecutorio poiché è sotto gli occhi di chi vuole accertarsene: dalle storiografie di Ernest Jones di quel  tempo, sino ad arrivare al testo recentissimo di Grunberger e Chasseguet-Smirgel. Su Reich, l’allievo  più  brillante  e  promettente  di Freud,   si  abbatté  tutto  il  peso  di  un  irrigidimento ortodosso,  della  paura  delle  deviazioni,  della  lotta incessabile tra Istituito (conservativo) e  Istituente (innovativo).

4) Infine l’ultimo piano di significati dell’intestazione di questo Simposio riguarda la storia più generale delle rimozioni in ambito scientifico, giocata su interessi di potere, su rivalità, su rigidità culturali, su ignoranza o su pregiudizi. E’ una  storia lunga e dolorosa  perché tocca da vicino noi tutti, la qualità  della  vita, le sofferenze per  le malattie, le potenzialità non espresse, le tecnologie che ci avvelenano. Gli esempi sono tanti, ma  io ne citerò oggi un altro che riguarda ancora Reich: i suoi studi sul cancro, i “test ematologici”, le ricerche che egli avviò per arrivare alla comprensione di questa malattia, emblema del degenerarsi delle funzioni vitali dell’uomo, dell’ammalarsi della vita.

I nostri  colleghi  in  Germania  hanno coraggiosamente proseguito per questa strada e ce ne daranno i risultati soprattutto nel workshop di domenica. Noi non abbiamo avuto questa forza perché pensiamo che per tali ricerche necessiterebbero  mezzi ingenti e laboratori altamente attrezzati. La scienza ufficiale che li possiede ha sempre fatto orecchie da mercante.

E noi non sappiamo con certezza ancora oggi quanto delle ipotesi di Reich  possa essere validato, quanto conduca concretamente ad una nuova strada nella lotta  contro il cancro, non solo a livello preventivo ma anche curativo. Ma se  pure ci fosse soltanto una piccola remota possibilità di successo la scienza e chi la muove non  potrebbero e non dovrebbero né tralasciarla, né limitarsi a verificarla superficialmente: poiché hanno il non eludibile dovere di andare fino in fondo, un dovere che è insieme umano, sociale e scientifico.