Psicoterapia Funzionale: Le Esperienze Basilari del Sé.

1 Congresso Europeo di Psicopatologia del Bambino e dell’Adolescente, Venezia 17-19 ottobre 1996.

Luciano Rispoli, fondatore e Presidente della S.I.F. (Società Italiana di Psicoterapia Funzionale Corporea), parla delle Esperienze Basilari del Sé, fondamentali nella prevenzione precoce e nello sviluppo armonico della personalità e necessarie nel lavoro terapeutico per ricostruire il nucleo centrale del Sé.


Molte sono le nuove conoscenze che si sono sviluppate sull’infanzia, sul funzionamento del bambino molto piccolo: e tutte ci dicono che l’interazione con l’ambiente e con gli adulti è fondamentale per uno sviluppo positivo. E’ accertato che un neonato ha sin dall’inizio un contatto molto intenso con la madre, attraverso lo sguardo, il tocco, la voce. Sappiamo, in particolar modo, che il contatto fisico è di grande importanza perché il neonato possa continuare a percepire in modo positivo la relazione con l’ambiente. In termini più semplici possiamo dire che per uno sviluppo sano del bambino sono indispensabili alcune esperienze primarie, esperienze che sono alla base della vita (costituite da emozioni, movimenti, sensazioni fisiche, fantasie, il tutto intersecato con i sistemi e apparati biologici interni dell’organismo). La Psicologia Funzionale le definisce ” esperienze basilari del Sé”. Esse sono dei veri e propri mattoni su cui si costruisce la persona, i mattoni che consentono di mantenere l’integrazione del Sè, di sviluppare le capacità vitali e relazionali, di conservare benessere e salute.

   

Oggi sappiamo bene quanto sia importante in ogni intervento terapeutico, nella ricostruzione dei nuclei profondi della persona, recuperare tali esperienze basilari del Sé: il calore, l’essere preso, il nutrimento, il potersi abbandonare all’altro, il poter “stare” senza doversi attivare, il senso di pienezza, il senso di continuità delle esperienze positive. Oggi sappiamo che tutti questi bisogni fondamentali vanno soddisfatti come un “fluire” ininterrotto di cui il bambino non deve preoccuparsi, non deve sentirsi responsabile, per non spezzare troppo precocemente la continuità della sua esistenza, del suo nucleo profondo. Ciò che vogliamo dire è che le esperienze basilari del Sé devono essere vissute pienamente attraverso tutti i piani che costituiscono il Sè, tutte le funzioni psicocorporee dell’organismo. La non positività di tali esperienze, la non pienezza, le carenze nel modo in cui vengono vissute lasciano alterazioni sui vari piani del Sé, su quelli corporei come su quelli mentali. Del resto, sia le esperienze accumulate in oltre 70 anni di attività dalla psicoterapia corporea (ricostruzione delle condizioni e dei bisogni arcaici attraverso la “regressione terapeutica”), sia le più recenti ricerche sull’infanzia ci hanno dimostrato che, al contrario di quanto si riteneva sino a ieri, le carenze di soddisfazione dei bisogni del neonato da parte della madre (o di chi svolge funzioni materne) non arricchisce per niente né l’immaginario, né l’intelligenza, né il senso di potere del bambino. Anzi, ciò che accade è l’interruzione della catena ricordo-bisogno-immaginazione-soddisfazione (laddove quest’ultima è costituita essenzialmente da sensazioni corporee). Allora le immaginazioni non trovano più contatto con le sensazioni, si sconnettono, si impoveriscono; comunque finiscono per divenire angosciose, terrifiche, ripetitive, perché non prefigurano più la soddisfazione del bisogno, il piacere di qualcosa di positivo che arriverà. E anche quando la soddisfazione del bisogno giunge, molto spesso il neonato è oramai talmente spossato dal pianto, dalle angosce, da fantasie e sensazioni negative, che le sensazioni positive della soddisfazione sono irremediabilmente inquinate, intrecciate con quelle negative.

Quali sono, dunque, le tracce delle esperienze primarie non soddisfecenti? Esse si ritrovano sia nel corpo del bambino che nei suoi processi psichici; si ritrovano in tutte le funzioni psicocorporee le quali subiscono delle vere e proprie alterazioni che non sono ancora “patologia” ma che ne sono i prodromi molto precoci.

Le funzioni psicocorporee possono:

– svilupparsi disarmonicamente: alcune rimanere ipotrofiche altre divenire ipertrofiche;

– diventare stereotipate, limitate, ripetitive;

– sconnettersi le une dalle altre.

Non sono dunque ” i sintomi” che devono venire presi in considerazione per uno screening precoce ed approfondito, non sono solo le alterazioni evidenti, ma un insieme di fattori: elementi che possono anche essere sottili e profondi, ma che noi oggi siamo in grado di rilevare con sufficiente precisione. E’ possibile oggi fare previsioni abbastanza corrette sul rischio di disturbi futuri e formulare ipotesi anche sul tipo di disturbi che potranno intervenire, su quale versante prenderanno i sintomi. Tutto questo è possibile se noi ricorriamo a un’ottica che non si limita alla lettura dei sintomi, che non consideri l’individuo come suddiviso in parti ma che ne colga la complessità e l’interezza in pieno.

L’epistemologia funzionale, come noi la definiamo, rappresenta un modo di lettura a 360° che tende a cogliere la globalità e al contempo la precisione dei dettagli. Le funzioni, infatti, non sono parti del corpo o della persona, non sono strutture psichiche. Le funzioni, sono le varie modalità in cui si esprime l’unitarietà dell’organismo.

E’ possibile guardare un bambino attraverso tante angolazioni. Si può guardare, ad esempio, al suo modo di muoversi. Ma non solo se è fortemente alterato o ritardato. Ci sono molti altri segnali importanti: se fa movimenti ampi o piccoli, a scatti o morbidi, lenti o veloci, se si lascia andare o rimane sempre sul “trattenere”. Un altro esempio è rappresentato dalle informazioni significative che ci danno i funzionamenti degli apparati fisiologici interni: il respiro profondo e diaframmatico oppure toracico, la tensione muscolare di base, la sudorazione e così via. Importante è anche la congruenza tra i differenti piani del Sé. Quando una funzione non va nella direzione delle altre, si sconnette, va in corto circuito e riproduce un funzionamento alterato che non si normalizza se si cerca di intervenire solo su altri piani del Sé. Il respiro, ad esempio, può divenire alterato, un respiro di vigilanza e di paura, anche se non ci sono più motivi di allarme esterni e neppure fantasie terrifiche interne. Ma a lungo andare la funzione del respiro, alterata, produrrà effetti negativi anche sulle emozioni, sulle fantasie, sui movimenti: sull’intero Sé. Osservare le esperienze basilari del Sé, tutte le esperienze basilari, è di estrema importanza per la prevenzione precoce. Osservare se il bambino può stare tranquillo e sereno, se può “lasciare”, se vive piacevolmente l’essere tenuto, se prova curiosità, se può usare la forza calma; tutto ciò ci permette di capire quanto sia compromessa la sua capacità vitale, la sua gioia di vivere, il suo sistema di salute.

Come possiamo agire per realizzare una prevenzione precoce, per evitare di tamponare troppo tardi situazioni che rischiano di produrre danni molto gravi?

Possiamo:

1) Intervenire per ricostruire quelle esperienze basilari del Sé che sono più carenti e quelle funzioni che sono più alterate e sconnesse. La complessità della visione funzionale ci permette infatti di individuare dove e come intervenire, al di là dei rimedi tradizionali sul sintomo. Anzi spesso ci dice che bisogna intervenire prima di tutto su altri piani e su altre funzioni molto lontani da quelli dove si è manifestato il sintomo.

2)Intervenire su genitori, psicologi, operatori, pediatri affinchè riescano a cogliere i segnali precoci del disagio molto prima che si arrivi all’esplosione delle patologie

3) Aiutare i genitori a capire l’importanza delle esperienze basilari del Sé. Non tanto con raffiche di indicazioni difficili, di tipo freddamente pedagogico; e a volte addirittura contraddittorie se si ascoltano differenti approcci psicologici. Non certo perdendosi nelle mille diverse idee dei tanti talk show che le varie televisioni trasmettono.

Piuttosto fornendo in modo sistematico indicazioni chiare e univoche, semplici e corrette. Operando con i genitori attraverso contatti diretti ed emotivamente pregnanti, lavorando nelle scuole, nei consultori, ma soprattutto in piccoli gruppi; riprendendo in mano una materia delicata e decisiva per la salute individuale e sociale; realizzando finalmente ciò che non si è mai neanche avviato: un processo di prevenzione precoce, reale ed efficace.